Il popolino del web [3]
Con questo post chiudo la mia trilogia dedicata all’analisi di Facebook, in cui ho trattato prima dei meccanismi che garantiscono al social network l’enorme successo, poi delle strategie di controllo messe in atto dal gigante blu a scopo di lucro e non solo. Ora, invece, vi parlo delle differenze tra Facebook e Twitter, che ho scelto come termine di paragone per il semplice fatto che lo conosco (lo utilizzo da qualche mese) e soprattutto è molto diffuso, quindi consente di apprezzare le differenze tra i due social network al netto di eventuali diversità dovute all’estensione della rete di utenti.
Tra Facebook e Twitter esistono differenze facilmente individuabili, nella struttura e, di conseguenza, nell’utilizzo. Per esempio, Twitter non è totalizzante ma anzi è completamente proiettato verso l’esterno: può avere contenuti, se si riesce a rendere pregnanti i 140 caratteri per volta che sono messi a disposizione dell’utente a formare un tweet, altrimenti nella stragrande maggioranza dei casi non ha contenuti interni ma rimando a contenuti esterni. Diciamo allora che i tweet con contenuti sono in realtà veramente pochi e secondo me è qui che risiede la vera forza di questo tipo di social network: ha una potenzialità di liberazione che è più marcata rispetto a Facebook, nel senso che in quest’ultimo la struttura prende il sopravvento (ricordiamoci che è omologante e persuasivo) ed è impossibile da scardinare, mentre in Twitter permette molto più utilizzi di liberazione che di alienazione. Si badi che per “molto più” si intende che, volendolo, è più facile usare Twitter come strumento di liberazione di quanto non lo sia Facebook, ma questo non dice nulla sui numeri: non si finisca col credere che quel “molto più” implichi che la maggioranza degli utenti cinguettanti non utilizzino i propri tweet per pratiche tutte di alienazione o assolutamente prive di contenuti (o meglio, di rimandi a contenuti), semplicemente Twitter ha delle potenzialità anti-alienanti che Facebook non ha.
In effetti, si dovrebbe dire che Facebook non manifesta le sue potenzialità anti-alienanti, perché il resto della sua struttura le soffoca, le opprime, le rende inattive e inutilizzabili: anche su Facebook infatti puoi rimandare a contenuti esterni o diffondere una notizia, ma per la sua forza totalizzante sarà raro ottenere risposte diverse da un “mi piace” o una sua traduzione in commento del tipo “grandi!” oppure “che schifo!”. Semplicemente su Twitter questo meccanismo non esiste (per ora), perché non esiste il tacito obbligo de facto di rispondere ad uno stimolo in maniera diretta e visibile.
Altra differenza: Facebook è un luogo chiuso, Twitter è una rete aperta: ciò comporta una pulsione maniacale di aggiungere amici facebook se si vuole accrescere la propria socialità virtuale oltre che il proprio prestigio (non dimentichiamoci che Facebook è nato come sito di college e università americane, in cui più amici hai e più sei un figo e se hai pochi amici vieni visto come uno sfigato).
Queste considerazioni sono state oggetto di tantissime discussioni che hanno portato qualche mese fa alla nascita di una vera e propria inchiesta collettiva (storificata qui) che è sfociata in articoli davvero illuminanti che hanno avuto risonanza nazionale.
Tuttavia, in un paese in cui i media e i comici parlano spesso di “popolo della Rete”, magari per veicolare messaggi comodi al padroncino di turno oppure proprio perché sono ingenui feticisti di internet, la conquista di Twitter è un obiettivo ambito.
Da quando, ultimamente, Fiorello ha fatto continui riferimenti al social network dalla diretta tv, il popolino si è iscritto in massa e starnazzante sembra aver invaso l’indigena aggregazione di cinguettii, soffocandola, diluendone i contenuti reali e avviandosi a sostituirla. Se ne sono accorti in molti: secondo alcuni si tratta di un effetto della caduta del governo Berlusconi, che ha obbligato gli italiani a trovare nuove valvole di sfogo, diverse dal puro sterile anti-berlusconismo fine a se stesso; altri vedono molte corrispondenze con quanto è accaduto negli Stati Uniti qualche anno fa; c’è chi prova a fare autocritica sull’uso di Twitter fatto finora e propone soluzioni per non cadere nella trappola di facebookizzazione e banalizzazione del social network.
Questa invasione esterna è stata contestualmente accompagnata anche da modifiche interne della struttura di Twitter (per puro caso, penso, visto che erano già state annunciate ad agosto): circa due settimane fa è stata introdotta la funzione “attività” che consente di vedere le ultime azioni twitter compiute dai tuoi follow, in maniera simile alla homepage di Facebook. Ho sentito utenti twitter lamentarsi del fatto che ultimamente i “flussi di informazione” si sono inceppati, non si trovano più tweet vecchi, certi hashtag scompaiono col tempo o sono incompleti. Insomma, si rischia di raggiungere l’atemporalità di cui parlavo l’anno scorso.
I giornali potranno fare proclami su qual è l’ultima battuta del popolo di Twitter o su qual è stato il motivo della lite online tra Fiorello e la Guzzanti, chi è più stronzo tra i personaggi dell’ultima serie televisiva secondo il popolo della Rete, quanto il web è incazzato e indignato per la violazione delle decisioni referendarie di giugno, se preferisce Vendola o Di Pietro, se Lady Gaga o Madonna.
Tutto grazie alla nuova ondata di utenti freschi che ridarà aria ai polmoni del web italiano, che stava per diventare un frame troppo trito e ritrito per essere credibile, troppo poco di moda per fare notizia. Tutto grazie al popolino del web.
[youtube http://www.youtube.com/watch?v=XsNbxeYlhiA]Short Link:
Sì, però, cioè, mia nonna non accendeva la televisione perché sosteneva che da lì quelli là la spiassero.
Ciao, stavo leggendo ho trovato una porta ho ricominciato a leggere … magari dopo vado in Francia.
Personalmente non ho mai approvato le pubblicità sul tramvai, quelle in cartone appese con lo spago al tubo d’alluminio. Quando ti giri e quella sbam di taglio barcolla nella frenata e ti becca dritta sulla tempia. Per pubblicizzare poi cosa? Delle robe di una tristezza inaudita. Sul Fb ho controllato ora ed ho il link ad un ristorante lounge bar a Phuket, lo consiglia una mia amica, magari nel caso, se ci passo, riconosco l’insegna. Credo di non aver mai cliccato su una pubblicità evidente, ma sono sicuro di aver trovato parecchi lattoneri su le Pagine Gialle. Che erano della Seat, che era una azienda privata, che offriva un servizio che i più ritenevano comodo. Scagliarsi contro la pubblicità su una pagina che offre un servizio gratuito mi pare improbabile. Esattamente come quel che riguarda i dati personali, evidenti occulti, correlati o pubblici. In un supermercato le merci sono esposte secondo un preciso ordine, imposto da dati forniti inconsapevolmente dagli stessi fruitori. Credo stia all’individuo sparigliare i dati. Non omologarsi, cambiare abitudini per modificare i punti di vista. Non ascoltare sempre la medesima musica, non leggere sempre solo lo stesso quotidiano.
I social network sono un mezzo formidabile per arrivare a parlare a moltissime persone distratte, senza rompergli le scatole. Attirare la loro attenzione inserendo messaggi propositivi (di qualsiasi genere essi siano, non mi interessano le etichette) può voler dire sfruttare il mezzo per quel che potenzialmente è in grado di offrire. Le dietrologie si sconfiggono solo illuminando maggiormente gli spazi pubblici. Oppure, io consiglio di divertirsi a creare la linea del grafico a se dedicato. Tanto quelli lavorare devono lavorare, perché fornirgli dei dati piatti?
La Francia in questa stagione uhm…faccio un salto in Massachusetts.
Se vedemu, cumpa’.
Ciao, capisco cosa vuoi dire, ma secondo me, come ho scritto in quest’ultimo post, forzare Facebook è davvero difficile: della sua natura e della sua struttura fanno parte più i “link” scontati e incredibilmente inflazionati e le condivisioni di frasi fatte, che il flusso di informazioni e l’elaborazione di idee. Inoltre non riesco a capire come si possa utilizzare qualcosa di alienante in sé come strumento per uscire dall’alienazione. Perché è questo che, mi sembra, tu proponi di fare.
Altra cosa. Tu dici: Facebook offre agli utenti la possibilità di iscriversi gratis e poi sfrutta la loro presenza per fare pubblicità e guadagnare, è legittimo. Però c’è qualcosa che non va nelle premesse, perchè non è vero che per gli utenti è gratis: quando passi ore e ore della tua giornata, di ogni tua giornata, su Facebook, lo stai pagando con il tuo tempo e con la tua vita, sei posseduto (ovviamente non in senso mistico) dallo strumento e non ne hai più il controllo. Come puoi quindi usare consapevolmente lo strumento, non possedendo? Come potresti utilizzare lo strumento per illuminare, come dici tu, gli spazi pubblici, se non c’è la coscienza di essere posseduti?
Ultima cosa: tua nonna non accendeva la televisione perchè temeva che da lì la spiassero. E quindi? Non mi sembra la stessa cosa, perchè semplicemente non è vero, mentre ciò è vero per Facebook, in qualche modo. Che poi lo spionaggio non sia nato con Facebook mi sembra scontato, eppure l’ho anche già detto nell’articolo precedente a questo.
P.S. Non capisco i riferimenti alla Francia.
Quindi il problema è la massificazione, non il mezzo in sé. Fin quando Twitter era per pochi intimi che conoscevano le regole, avevano una buona istruzione ecc. era tutto a posto. Nel momento in cui arrivano le masse tutto diventa di infima qualità. Forse allora non era Twitter ad essere uno strumento straordinario, erano le persone che lo usavano a rendelro così.
la massa rovina sempre tutto… parola di DinamiteBla!
Non sono sicuro che il problema stia esclusivamente nella massificazione. Ok, lo ammetto, prima ho detto di aver scelto Twitter come termine di paragone con Facebook perchè è diffuso e di massa, poi ne ho descritto un processo di cambiamento che potrebbe definirsi “massificazione”.
Ma resta il fatto che Twitter, come strumento, è di gran lunga meno alienante di Facebook, non ingloba tutto ed è un ottimo metodo per seguire le notizie in diretta da ogni parte del mondo su qualunque argomento di interesse (sì, anche se magari ultimamete si devono scremare le notizie eliminando le stronzate della “massa”). Quindi ci andrei cauto col dire che il problema è solo chi usa lo strumento, e che la natura dello strumento non è rilevante. Continuo a pensare che, per struttura, Twitter resta straordinario rispetto a Facebook.
Inoltre quello che voglio insinuare nell’ultima parte del post è che la massificazione di Twitter sia stata appositamente guidata dai media per ricreare un frame che stava passando di moda. Ora, non so come funziona la pubblicità su Twitter, anche perché riesco a immaginare difficilmente un sistema tanto personalizzato come quello googleiano o facebookiano, ma penso che, proprio per questo dirottamento operato dai mass-media, anche su Twitter si potrebbe diventare merce: ma schiavi dei media più che di Twitter.
Chi sta facendo in queste settimane una vera e propria azione di “boicottaggio” dovrebbe capire che sta sbagliando.
Ciao Sebastian, benvenuto. Mi piacerebbe che tu argomentassi la tua tesi: scrivere solo “stai sbagliando” non solo non è costruttivo ma anche ridicolo.
Kevin Thau, Twitter’s VP for business and corporate development, announced during a presentation at Nokia World 2010 today that everyone’s favorite micro-blogging network is not actually a social network.
Ragazzi, sta andando peggio di quanto avessi previsto.
Twitter, censura selettiva
Il Post: «Il social network dice che potrà oscurare in maniera selettiva i tweet e solo in alcuni paesi, quando necessario. Il messaggio sarà quindi leggibile in tutto il mondo, tranne in quei paesi dove un certo contenuto costituisce un illecito».
La reazione dei twitteriani più svegli? «Migriamo su identi.ca».
Cosa ci aspettavamo?
Poi toccherà a Google Plus, poi a WordPress.com, quindi ai siti su hosting gratuito, poi su quelli a pagamento, eccetera.
Ma forse è meglio così.
Chiudono Megaupload? Censurano Twitter?
Ricominciamo a scambiarci di persona dischi e fogli.
Sempre per chi ancora segue: Twitter e il fenomeno della compravendita di follower