Camini

Mi sono ritrovato per le mani questo scritto datato 8 febbraio 2021. Ho pensato di pubblicarlo qui perché magari parla anche ad altre persone, e sarebbe un peccato tenere per se questi pensieri, dolci e amari anche se magari sfugge qualcosa.

Mi trovo sul divano, le gambe avvolte in una coperta azzurra, il resto avvolto dal silenzio notturno che solo il coprifuoco è capace di regalare come incongruo compenso per i danni arrecati. Accanto a me, l’inutile camino infilzato da parte a parte da un cavo elettrico e da allora diventato pura immagine eccetto che per la sporcizia nera che dissemina sul pavimento, che sarebbe facile da accettare se solo il camino funzionasse.

Mi tornano in mente i giorni in cui cercavo casa ed ero assediato dai camini ornamentali. Poi la casa fu senza camino, ma non c’era bisogno di ornamento perché tutto quello che vi accadeva era decorazione. Da allora, il camino non era più simbolo di un assedio e di una conquista impossibile, invece mi ricordava il conforto di una casa amica ed era rifugio, lunghi discorsi attorno a montagne di olive e guacamole, la calma di un affetto fraterno fatto di complicità e nutrito da mille storie.

Per associazione ripenso a quando, ancora prima, passavo la notte su un altro divano, troppo corto per distendersi del tutto, e infatti non ero disteso. Anche allora cercavo casa, ma l’ingenuità mi abitava ancora e non era mai stata inquilina sgradita. Erano tempi di incredibile scoperta, senza veri limiti allo stupore dinnanzi alla complessità della vita interiore e del mondo oltre le pareti della campana di vetro.

Il camino trafitto è oggi qualcosa, ma non so più cosa possa simboleggiare: l’incombenza della vita, la fretta di una scelta, la fragilità dei luoghi, la tenacia dei ricordi? Non so dare un senso a questa immagine di camino, ancora una volta ornamentale a ricordare che i luoghi di vita non sono che luoghi spogli se non li vestiamo, vuoti se non li riempiamo. La cornice di marmo grigio scuro sostiene un vaso di fiori secchi, un portaincensi, una lampada rossa decorata da scorze d’arancia, due candele e un cesto di vimini pieno di spezie. Si deve riconoscere che ha una sua praticità, come ogni decorazione che si ricordi: nulla è solo ornamentale. E appeso in cima un quadretto tinteggiato di colori caldi, ricordo di viaggio di qualcun altro. Ma oggi pomeriggio ho visto tanti ricordi di me: la libreria, il mobile scuro che era il mio comodino, le credenze scassate, i cassetti della scrivania, la sedia, i vestiti addosso a Paul e anche un altro quadretto tinteggiato di colori caldi, ricordo di un mio viaggio. Mi sono detto che i ricordi si prendono e si danno, ma che una volta dati non ti appartengono più e sono percorsi da vita propria.

Questa è in realtà la prima casa non popolata da ricordi che racconterò, fatta eccezione per la sua imminente demolizione. Mi viene da scrivere questo, ma poi mi ricordo della festa a sorpresa e dell’apparizione di mio fratello. La gioia di ritrovare la gioia. Il pupazzo di neve. Le serate in giardino quando non faceva freddo. Alla fine i ricordi non mancano, e se non li racconterò sarà solo perché non ne avrò bisogno. Ma mi mancheranno le due candele, il mazzo di fiori, la lampada e il cestino delle spezie che mi fissano eleganti e immobili appoggiati sulla cornice di marmo del camino morto? Sì, mi mancheranno.