La violenza degli argini
Volevo raccontare il 15 ottobre che ho vissuto senza parlare degli scontri, senza condividere o condannare la violenza, senza appoggiare o rifiutare teorie su infiltrati e sui cosiddetti black bloc, senza dover difendere o stigmatizzare il comportamento della polizia italiana o dei manifestanti, senza tirare nessuno per la giacchetta.
Non so se infine sono riuscito nel mio intento di descrivere con oggettività la giornata (scopo che sempre mi riservo, in tutte le situazioni e nella maggior misura in cui è possibile farlo), ma di certo non sono riuscito mio malgrado ad evitare di parlare di tutte le questioni accennate sopra: avrei preferito non farlo, perché parlare della giornata di ieri come una giornata di violenza o di non violenza significa fare il gioco dei potenti e adottare il linguaggio e la retorica dei loro organi di informazione. Ma leggendo tanti commenti sulla rete e diversi articoli di giornali di aree diverse mi sono reso conto che è necessario mettere in chiaro qualche punto: ecco quindi cosa ho scritto. Sono pensieri sparsi.
Questione violenza-nonviolenza. Il voler a tutti i costi dividere nettamente il corteo di ieri in due cortei, uno violento e uno pacifico, non solo non aiuta a capire le dinamiche di ieri ma rispecchia poco la realtà dei fatti, come qualsiasi altro tentativo di categorizzare le anime molteplici di un movimento, attribuendo loro nomi e nomignoli stupidi e contrapponendoli (es. indignados, black bloc > indignados VS black bloc). È troppo semplicistico ragionare in codice binario, funziona solo per il benpensante che guarda passivo le immagini dello schermo televisivo passargli sotto gli occhi.
Che è necessario abbandonare questo frame è stato già detto mille volte ma non fa male ripeterlo. Bisogna prendere atto che in piazza San Giovanni c’erano tante persone diverse, non tutte col casco e armate di spranghe, mazze e molotov, che comunque erano disposte allo scontro: uno scontro non per forza premeditato, uno scontro che può essere stato causato dagli idranti sugli stand che attendevano l’arrivo del grosso del corteo o dai lacrimogeni lanciati in mezzo alla folla su un corteo autorizzato. Non sto parlando degli incappucciati, sto parlando dei tanti altri che sono rimasti coinvolti negli scontri: tra loro immagino ci siano tanti che sono equilibrati in situazioni normali ma che possono, come tutti, perdere il controllo in condizioni anormali e nel mezzo della folla.
Personalmente trovo strumentali e del tutto fuorvianti i richiami alla Genova del 2001 in riferimento alla presenza di possibili infiltrati, perchè gli infiltrati ci sono in tutte le manifestazioni, anche le più pacifiche, e poi allora si trattava di un movimento e di circostanze completamente diverse: chi, come La Repubblica, scrive «violenze come a Genova» ha dimenticato quanto diverse fossero allora le strategie messe in campo dal black bloc (sì, al singolare) rispetto allo scontro fisico che c’è stato ieri e devia l’attenzione, attraverso analogie e meccanismi di associazione tra concetti, dal fatto (scontri) alla sua interpretazione (black bloc).
Il discorso sui possibili infiltrati lo lascio ai complottisti e ai politicanti, perché neanche questo aiuta a comprendere l’accaduto: quelle persone in piazza San Giovanni si sono difese dai lacrimogeni e dai manganelli, e lo avrebbero fatto comunque, con o senza infiltrati. Perciò secondo me la verifica di eventuali infiltrazioni è solo una questione “giuridica”, ma dal punto di vista dell’analisi politica dell’accaduto è irrilevante.
Mancanza di sintesi. Come scriveva qualcuno, il germe della violenza è insito nella natura stessa di protesta e se a volte rimane potenziale ed altre si fa atto ciò è dovuto alle circostanze; questa volta, per settimane o mesi, fin dall’inizio si è affermata l’intenzione di andare oltre il corteo rituale e la sfilata per il centro di Roma. Su questo si era tutti d’accordo. Però, come conseguenza del campanilismo dei movimenti italiani (che, da quello che mi pare di capire, si è puntualmente manifestato nelle varie assemblee di organizzazione della mobilitazione del 15 ottobre), non ci si era accordati sulle strategie da adottare per superare la tradizionale estetica del conflitto: chi voleva assediare i palazzi governativi, chi occupare il Colosseo e altri monumenti, chi restare nelle strade e nelle piazze a oltranza e, sì, anche chi auspicava una insurrezione popolare. C’è stata una così profonda mancanza di sintesi che, per le differenti strategie, non si è stati capaci neanche di accordarsi sul percorso del corteo, per dirne una, o di organizzare un servizio d’ordine unitario, per dirne un’altra. In particolare, ritengo che quest’ultimo fatto sia stata una delle cause principali dei problemi che la massa ha dovuto fronteggiare. Questa frammentazione era percepibile, bastava farsi un giretto tra i diversi spezzoni del corteo.
Comportamento della polizia. Tutti, come sempre, hanno fatto a gara a condannare per primi la violenza. Io non esiterei a condannare l’ipocrisia di chi condanna unilateralmente la violenza degli incappucciati o dei manifestanti e allo stesso tempo si dice soddisfatto dell’operato della polizia, che di violenza ne ha usata. Perché la violenza della polizia deve essere giustificata? Qualcuno risponderà che lo scopo della polizia era evitare i disordini. Ma allora il fine giustifica i mezzi? Se è così, la violenza dei manifestanti era altrettanto legittima. Anche perché, quando vedo scene come questa, posso non condividere ma di certo capisco la reazione della piazza.
Aggiungo un fatto curioso (ma non troppo) sul comportamento delle forze dell’ordine. Il percorso concordato partiva da piazza Repubblica, con destinazione piazza San Giovanni: quest’ultima era la piazza in cui si sarebbero dovute svolgere assemblee parallele e l’eventuale acampada con l’organizzazione di vari stand (poi buttati giù dagli idranti della polizia), che si trovavano là già prima che arrivasse la testa del corteo. Piazza San Giovanni era quindi legalmente riservata ai manifestanti che, secondo me, avrebbero dovuto mantenere il pieno diritto legale di entrarci; dopo l’inizio degli scontri, la polizia ha privato i manifestanti di questo diritto da essa stessa concesso, anzi ha trattato da criminali tutti coloro volessero accedere alla piazza da via Merulana, e giù lacrimogeni e manganelli, quando l’unica colpa che avevano era di seguire il percorso concordato di un corteo autorizzato dalla questura di Roma. Quindi contraddittoria non solo nella sostanza, ma anche nella forma.
Opinione personale. Personalmente la violenza degli incappucciati non la condivido, ma non condanno la violenza dei manifestanti che si sono difesi da cariche e da lacrimogeni che li cacciavano da una piazza che doveva essere loro.
La violenza degli incappucciati, io non la condivido non per motivi etici, ma per una questione politica e strategica: semplicemente hanno fatto male al movimento. Poteva essere un’esperienza politica lunga mesi, con piazze occupate e tutto quello che ciò comporta e che in Spagna sono stati capaci di mettere in pratica, invece si è risolto tutto in poche ore fumo nero. Tutti i possibili contenuti del movimento saranno oscurati dalla condanna delle frange estremiste, dalle accuse di infiltrazioni, dalla necessità di dissociarsi dall’uso della violenza e di dimostrare che i “veri indignati” sono quelli pacifici, dalla denuncia di incapacità di gestione dell’ordine pubblico e da tutti quei discorsi che implicano l’accettazione del frame violenza-nonviolenza e, ove possibile, del frame casta-anticasta che tanto piace a La Repubblica. Nessuno parlerà di speculazione finanziaria, di predominio della finanza sulla politica, di banche armate, di sovranità monetaria, di privatizzazioni, di annullamento del debito pubblico, di tagli alla formazione e alla sanità, di beni comuni e di lavoro.
In pratica, ora che si è manifestata la violenza del fiume in piena nessuno noterà quella degli argini che lo costringono.
Short Link:
sono più o meno d’accordo su tutto, fino al punto in cui scrivi che non condividi la violenza per motivi strategici. Anche i miei sono motivi strategici. Ma più che altro perchè io la violenza la giustifico se legata ad un obbiettivo. Se fosse scoppiata ai fori imperiali, ad esempio, per forzare il cordone e cercare di raggiungere obbiettivi sensibili ed occuparli, avrei appoggiato al 100 %. Certo per come è andata, la violenza è servita solo a fare il loro gioco, anche se comunque non era successo nulla di grave finchè non hanno caricato gli inermi a san giovanni. Però vorrei ricordare che a parte la Spagna, dove si manifesta pacificamente da più di un anno ma non si è ottenuto completamente nulla, ovunque, da new york alla grecia, ci sono episodi violenti, magari non sabato, ma ad esempio per occupare Wall Street non hanno mica chiesto “permesso” alla polizia, la quale ha stirato un tappeto rosso e li ha fatti entrare.
Il punto secondo me, e chiudo, è che la stragrande maggioranza del corteo, che condanna la violenza a priori, dovrebbe capire alzare un pò i toni per ottenere obbiettivi più ambiziosi, come l’occupazione dei palazzi del potere, è necessario. Non scordiamoci che lo scorso 30 Novembre, le maggiori città d’italia sono state bloccate per una giornata intera contro l’approvazione della riforma, che puntualmente è stata approvata la sera. Questa è la prova che non abbiamo un governo democratico a cui basta una grande manifestazione per capire che è necessario ascoltare la gente.
Grazie Piero di questo dettagliato resoconto “dall’interno”. Una domanda che mi sta a cuore: hai avuto l’impressione che le persone nella manifestazione sapessero contro cosa o per cosa manifestassero?
P.S. Mentre scrivo, giusto a destra del commento campeggia la scritta “Io Rocco”… XD
penso personalmente che una scissione netta del corteo in due fasce sia utopica, proprio perchè questo era in partenza un composto quasi omogeneo, dal quale solo alcuni elementi si dissociavano in partenza e ai quali una parte dello stesso corteo si è accodata durante l’iter. la mia personale esperienza mi riporta a pensare al ritardo dell’inizio del corteo da termini, causato dai primi attacchi (e non scontri) in via Cavour dove, dopo un’ora di marcia circa, siamo arrivati a costatare gli effettivi danni: auto sfasciate, vetrine distrutte, pompe di benzina squinternate. continuando l’iter si capiva che le poche mele marce delle 15 del pomeriggio, erano riuscite a trasmettere il baco anche alle sane che prima componevano il corteo. non posso testarlo, certo, io non sono stata presente in Piazza San Giovanni, dove gli scontri ci sono stati e non sono stati solo causati e fomentati o dagli “incappucciati” Vs i “malcapitati” o da “malcapitati” Vs gli “incappucciati”. Purtroppo sono radicalmente contro la violenza, anche se questa venga usata come arma di difesa; sono tuttalpiù contro le forze dell’ordine, il comportamento inefficiente ed inquisitore che hanno attuato nell’arginare con scarsissimi se non esenti risultati, il putiferio che, come hai ben detto tu Piero, si era già meditato di creare a monte della manifestazione.
La pecca italiana risulta ancora una volta il non saper gestire gli eventi, il non saperli non dico prevenire, quanto meno controllarli, imparare a schermare il campo d’azione prima di spararvi addosso. Ho avuto paura giorno 15, ho avuto paura perchè sentivo gli scoppi dei petardi, perchè non c’era una volante se non in Piazza San Giovanni, perchè ho guardato negli occhi i poliziotti in tenuta antisommossa, perchè ho avuto un amico manganellato mentre cercava di fermare gli scontri pacificamente.
Ancora una volta ci siamo dimostrati i soliti immaturi davanti a un mondo stavolta, in grado di arginare quello che sempre abbiamo visto come indomabile.
Per la questione giornalistica, ringrazio solo che almeno stavolta (non so a cosa attribuire tale e minima grazia) si sia dato ANCHE spazio a chi di violenza non voleva sentir nemmeno parlare, ma ripeto: non è comunque possibile dire che il corteo era duplice, composto l’uno dai “buoni”, l’altro dai “cattivi”. Il disfattismo imperfetto di tale cronaca ha comunque adombrato e accantonato quelli che erano i cardini del movimento, sono d’accordo con te su questo.
@Andrea: non ho scritto che la violenza va condannata a priori, rileggi: «non condanno la violenza dei manifestanti che si sono difesi da cariche e da lacrimogeni che li cacciavano da una piazza che doveva essere loro. La violenza degli incappucciati, io non la condivido non per motivi etici, ma per una questione politica e strategica».
Quindi sia chiaro, ripeto che la violenza degli incappucciati neri va respinta perchè è inefficace; se condannassi a priori l’uso della violenza dovrei condannare anche i manifestanti egiziani che in primavera hanno lanciato i sassi alla polizia di stato, come dovremmo tutti condannare le violenze del popolo francese nel 1789.
..la Spagna, dove si manifesta pacificamente da più di un anno ma non si è ottenuto completamente nulla..
Non sono d’accordo. Si sono ottenute molte cose, dalla riconquista della socialità al raggiungimento di obiettivi reali, concreti, che soddisfano un bisogno sociale (es. occupazione di case per famiglie sfrattate).
A parte questo, perchè dici da un anno? Il movimento spagnolo è iniziato in primavera nella sua esplosione di colori in AcampadaSol.
Poi sono d’accordo quando sostieni la necessità di andare oltre la solita sfilata al centro di Roma e il giorno dopo tutti a casa e si comincia la vita quotidiana. Per esempio, bisognerebbe capire che nella società dei consumi e del libero mercato ogni azione, dico ogni nostra azione, dal raccogliere fichi d’india lungo la strada in campagna alla scelta del mezzo di trasporto da usare per andare a fare la spesa e all’acquisto di un pacchetto di pasta piuttosto che un altro, è importante. Gandhi in India non ha vinto solo con la nonviolenza, ha vinto con il boicottaggio del sale inglese e l’autoproduzione da parte degli indiani indigeni.
@Stefano: sì, ho avuto questa impressione in momenti abbastanza numerosi della giornata. Si percepiva finalmente il senso di una necessaria riappropriazione. Poi ovvio che c’erano tante persone che alla manifestazione ci sono andate “per inerzia”, perchè “che bello stare tutti assieme!” e per giocare all’estetica del conflitto; ma stavolta si capiva che oltre la sfilata c’era l’intenzione di andarci. Infatti la cosa che mi dispiace di più, e l’ho già detto, è il rischio di disperdere questa potenzialità sovversiva. C’era poca rassegnazione, era diversa dalle altre manifestazioni (come spirito dei presenti, intendo; come organizzazione era penosa e ciò ha provocato un disastro). Credo che la data del 15 ottobre sia stata uno spartiacque.
@Marta: io penso, come ho già scritto nell’articolo, che parlare di “mele marce” e di “malcapitati” non aiuti a capire cosa è successo e chi erano i riottosi di piazza San Giovanni.
Ritengo che invece di invitare alla delazione di compagni, come sta facendo La Repubblica in queste ore, o di auspicare la presenza di infiltrati tra le fila del corteo pacifico, per “salvare” il movimento, si dovrebbe fare un po’ di autocritica e partire dal presupposto (magari errato, ma necessario per agire intelligentemente in futuro) che gli incappucciati fossero parte del movimento, ma con strategie di lotta differenti. Strategie poco efficaci, avventate, irrazionali, ma tant’è. C’è da considerare questa possibilità, e secondo me si deve assumerla per buona per poter agire di conseguenza. Come scrive oggi Vauro a commento di una sua vignetta, «non è sempre detto che chi non sa contenere la propria incazzatura sia un “infiltrato”».
Purtroppo sono radicalmente contro la violenza, anche se questa venga usata come arma di difesa; sono tuttalpiù contro le forze dell’ordine, il comportamento inefficiente ed inquisitore che hanno attuato nell’arginare con scarsissimi se non esenti risultati, il putiferio
Anche se questa viene usata come difesa? E allora che fai, prendi il lacrimogeno e ci fai il gioco della bottiglia? O stai con le mani in alto mentre il manganello picchia sul torace e rompe le costole? Se hai l’illusione che stare fermo a prenderle faccia nascere un minimo senso di pietà o indignazione nell’opinione pubblica ti informo che non funziona così, lo dimostra la storia dei movimenti degli ultimi anni: i media riusciranno comunque a farti passare per una che meritava di essere picchiata.
Sulle manovre di gestione della piazza compiute dalle forze dell’ordine rimando alle discussioni che in questo momento si stanno conducendo su Indymedia Italia: ci sono resoconti molto dettagliati che mettono in luce quanto male (probabilmente di proposito) sia stato gestito il corteo in termini di ordine pubblico.
La pecca italiana risulta ancora una volta il non saper gestire gli eventi, il non saperli non dico prevenire, quanto meno controllarli, imparare a schermare il campo d’azione prima di spararvi addosso.
La pecca italiana risiede nel riproporre da dieci anni il modello della manifestazione nazionale di movimento a Roma invece di adottare strategie che l’esperienza (es. movimento NoTav) ha dimostrato che pagano eccome. La parola d’ordine avrebbe dovuto essere delocalizzazione e decentramento delle lotte, occupy everything, non occupy Rome. Il 15 ottobre in nessun altro paese al mondo si è accentrata la mobilitazione in un solo luogo, c’erano 900 cortei in 80 paesi diversi, è una media di circa 11 cortei per paese. Come dice WM1 su Giap, è la Grande Scadenza Unica ad essere inefficace e deleteria dal punto di vista politico e gestionale.
Per la questione giornalistica, ringrazio solo che almeno stavolta (non so a cosa attribuire tale e minima grazia) si sia dato ANCHE spazio a chi di violenza non voleva sentir nemmeno parlare.
Sono comunque stati oscurati i contenuti e non me ne stupisco. Non so se ridere o incazzarmi davanti alla sfilza di articoli pubblicati oggi da La Repubblica, dalla caccia all’infiltrato poi rivelatosi un giornalista de Il Tempo, all’intervista poco credibile al finto “professionista della violenza”, passando per l’invito alla delazione e il sostegno alla proposta scellerata di Antonio Di Pietro di reintrodurre una legge sull’ordine pubblico sul modella della legge Reale degli anni settanta, grazie alla quale ci sono stati tanti bei morti.
Per cui, dei giornalisti non me ne frega un cazzo. Io non voglio fare bella figura con gli squadristi mediatici e i servi dei servi, nè finire in prima pagina salvo poi non concludere nulla di effettivo. L’informazione ufficiale dovremmo boicottarla tutti e farcela noi, l’informazione open source e creative common.
A tal proposito leggi al terzultimo paragrafo cosa scrive “Zeropregi”.
P.S. su Giap la discussione sull’argomento è una vera miniera d’oro, vi consiglio di leggerne tutti i commenti (tantissimi, lo so, ma ne vale la pena). Per fortuna esistono ancora spazi di dibattito seri.
Mi sono espresso male. L’ho capito che anche tu non la escludi a priori, solo che tu scrivi che la escludi perchè ha danneggiato il movimento, che senza di essa sarebbe potuto durare mesi eccetera. Io invece credo che in primis se i cosiddetti “indignati” non si lasceranno strumentalizzare da media e politici (cosa che purtroppo sta accadendo), il movimento potrà continuare comunque, e poi onestamente neanche ho pensato a questo, ma solo al fatto che tutta la determinazione che aveva la gente in piazza san giovanni se solo fosse stata catalizzata verso i palazzi penso che avrebbe riscosso risultati molto diversi, ma su questo siamo d’accordo credo, come siamo d’accordo che è incredibile che non si sia fatto il servizio d’ordine.
Riguardo la Spagna. Io non metto in dubbio che si stiano sperimentando modi di vivere, pensare e stare insieme diversi, metodi assembleari, in breve: un modo diverso di fare politica! Ma credo che questo non basti come risultato rispetto alle proporzioni che ha il movimento. Mi spiego. In tutti questi mesi di mobilitazione (scusa il fake, ma l’anno accademico mi frega sempre e mi sembra di essere all’anno nuovo XD), con una cosi grande mole di gente che scende in piazza e partecipa attivamente, oltre il corteo, dalle assemblee agli accampamenti, avrebbero potuto ottenere la luna! Le case per gli sfrattati si ottengono occupando palazzi disabitati cosi come si occupa un centro sociale, nn c’è bisogno di “fare” gli “indignados”. Certo rimane che stanno facendo un ottimo lavoro in direzione della sperimentazione della democrazia diretta, ma ci vuole qualcosa in più, devono fare un passo avanti.
Riguardo gli italiani. Con tutto il rispetto, gli indignati italiani fanno ridere. Hanno una preparazione, sia in termini di analisi che di organizzazione, che a acqua da tutte le parti, e non solo, hanno la presunzione di cacciare via accusandolo di essere un politicante chiunque usi un linguaggio un pò più “tecnico”. C’è tanta confusione. Parlano di non violenza, ma sono convinti che essa consista nell’obbedire ciecamente al padrone. Ci impongono di fare un corteo da piazza della repubblica a san giovanni, e noi obbediamo??? E la disobbedienza civile? Gandhi faceva lo sciopero della fame quando glielo ordinavano? Non sto qui a spiegare a voi cosa sia la non violenza perchè penso che siate in grado di spiegarla meglio di me, ma questi si riempiono la bocca di belle parole ma una manganellata non se la prenderebbero mai!
In conclusione, penso che il punto da dove ripartire sia che dobbiamo trovare un modo per dialogare con queste parti del movimento, e prima ancora di parlare con i cosiddetti violenti. Di certo l’organizzazione assembleare senza rappresentanza non aiuta in questo compito, ma credo sia essenziale riuscire a chiarire con tutte le componenti del movimento che intanto la linea comune deve essere forzare il sistema, violare il potere. Solo dopo che avremo trovato un’intesa su questo potremo passare alle discussioni sui metodi.
Io, nel mio piccolo, penso e continuo a sostenere che andare armato di spranghe, molotov e tant’altro non sia per nulla giustificabile in quanto si parte già “pronti”,anche solo per rispondere, alla violenza.
Una risposta alle manganellate ed ai fumogeni può anche starci ma partire armati fino ai denti non mi pare giustificabile, anzi credo sia solo un modo in più per dare loro una giustificazione.
Rispondere, come già detto, ad una violenza è un conto ma distruggere statue, crocifissi (dov’è finita la tolleranza?) ,incendiare auto e rompere vetrine come lo si giustifica? Ci vuole coerenza anche nella “violenza”. Se la si vuole utilizzare non si deve finire in certi eccessi se non ci si vuole sentir dire “torniamo alla legge reale”.
Nessuno vuole giustificare quello che è successo; ciò che tutti dobbiamo provare a fare è comprendere e spiegare.
Partire armati fino ai denti? Essere già pronti alla violenza? Distruggere simboli religiosi? Lo fanno tutti i soldati quando partono in guerra, non mi sembra che nessun giornale o politico se ne stia lì a condannarli.
Che poi se volessi potrei anche trovare coerenza nella distruzione di bancomat, vetrine di negozi, automobili, camionette. Il bancomat è un simbolo dei soldi di cui siamo schiavi, le vetrine del commercio, le automobili della merce, le camionette della violenza di Stato. Non farebbe una piega, semplicemente, come ho già detto, non conveniva il 15 e non conviene ora per tanti motivi.
I soldati partono in guerra con scopi mascherati dalla diplomazia ma più che ovvio agli occhi di qualsiasi persona lucida. L’unica differenza è che loro tutelano gli interessi di uno stato ( petrolio, gas e risorse varie) e parlarne male non avrebbe senso ma tengo a precisare che questa non è una giustificazione, è una argomentazione.
Sì, è vero, sarebbe ed è coerenza distruggere bancomat ma si fa il loro gioco : quello è assicurato e ci guadagnano un bancomat nuovo. Distruggere le vetrine o si segue la stesa ratio dell’assicurazione, o metti in difficolta un commerciante. Dare fuoco alle automobili lo stesso.
La violenza è sintomo di un disagio, quindi seppur io stesso lo condanni ne capisco perfettamente le motivazioni. Semplicemente non sono certo che darà i frutti.
Hai ragione, non penso che si ottenga qualcosa. Ma del resto non penso neanche che chi ha usato quella violenza fisica in piazza sperasse di ottenerlo, questo qualcosa. Agiva spinto da emozioni cieche: la rabbia, l’odio, l’esasperazione, l’indignazione. E come di fronte a tutte le azioni compiute ciecamente, non mi stupisco che siano state prive di strategia: non credo che, sfasciando la vetrina o il bancomat, quell’incappucciato considerasse la questione dell’assicurazione. Spero solo che questi fenomeni abbiano fatto maturare il movimento su alcuni punti attraverso discorsi seri e ragionevoli come quello lanciato su Giap, ma forse sono un illuso e chi ragiona svincolato da logiche da telegiornale di regime è ancora una componente molto minoritaria.
e di me ( e la maggiorparte della gente) che in qualunque momento ero pronta a levarmela a gambe senza sapere cosa stesse succedendo ne vogliamo parlare?
[…] le mie parole a tutti coloro che hanno condannato ciecamente le violenze (ostiniamoci ad etichettarle così, almeno ci capiamo, care anime belle) dello scorso 15 ottobre […]