Indisponibili davvero
Considerazioni sulla protesta del mondo della formazione e critica dei metodi di lotta finora utilizzati. Ecco cosa propongo invece per una minaccia che sia vera, viva, valida.
Bloccare le università non basta per bloccare l’economia.
È vero che la ricerca produce ricchezza e che l’Italia è retrocessa economicamente rispetto ad altri paesi industrializzati e post-industriali proprio a causa dell’insufficienza dei finanziamenti per la ricerca, ma questo è un processo che si sviluppa a medio o lungo termine (per esempio l’arretratezza attuale è dovuta non ai tagli di oggi ma alla tanta negligenza di ieri rispetto a tutti i luoghi della formazione e della cultura), e il blocco della didattica, se non si ha la certezza che il Governo ascolterà il disperato grido d’allarme lanciato dall’università, non può protrarsi per un intervallo di tempo esageratamente lungo come quello che servirebbe a convincere coi fatti che senza ricerca non c’è sviluppo e che noi siamo in grado di bloccare lo sviluppo bloccando la ricerca.
Le strategie di lotta passate non sono più efficaci.
È vero che, dopo due anni dalla nascita del movimento di opposizione alle scellerate politiche governative in materia di istruzione, università e ricerca nel mondo della formazione, l’agitazione sociale ha contribuito alla formazione di una forte coscienza critica, ma le strategie utilizzate si sono evidentemente rivelate pressoché inutili. La prova lampante è che il ddl Gelmini è ancora in parlamento, dove è sempre stato, e forse verrà approvato.
Il corteo non fa paura a nessuno.
Non serve una mente geniale a capire che dei cortei e delle manifestazioni civili dei generi più svariati e delle modalità più diverse, non si cura il Governo. Come ha detto tante volte Berlusconi, «il governo va avanti», «per la sua strada», con o senza la gente in piazza. Anche qui si potrebbero fare infiniti esempi delle numerosissime manifestazioni rimaste inascoltate. Il corteo e il blocco delle università non fanno più paura a nessuno, il primo perché basta non dare risalto mediatico all’evento (che in una dittatura mediatica equivale a cancellare la sua esistenza) o dargliene troppo (trasformandolo in spettacolo di intrattenimento delle masse da illudere), il secondo perché non provoca danni immediati, ammesso che riesca a provocarli.
Il problema è che non riusciamo a convincere i vari Tremonti, i Berlusconi, i Gelmini, che siamo in grado di costituire un danno per il sistema, perché né il corteo né il blocco della didattica sono realmente in grado di farlo, non costituiscono un ricatto né una minaccia.
Indisponibili davvero.
Fin da subito questo movimento ha preso il nome di «indisponibili».
I ricercatori si sono dichiarati indisponibili a svolgere, senza essere pagati, compiti che dovrebbero essere svolti da altri lavoratori, i quali però non ci sono dato che assumerli significherebbe spendere soldi per il mondo della formazione.
Si sono rifiutati di fare qualcosa che non rientra nei compiti previsti dai contratti.
Se anche noi studenti vogliamo essere indisponibili davvero e non solo a parole, non solo come segno di vicinanza alla protesta dei ricercatori, dobbiamo rendere la nostra indisponibilità una pratica che rispecchi la nostra condivisione di principi fondamentali.
Dobbiamo fare in modo che l’indisponibilità si concretizzi, diventi uno strumento di ricatto e di minaccia, dobbiamo mostrare che con la nostra indisponibilità, se vogliamo, possiamo bloccare tutto.
È ora quindi che ci rifiutiamo anche noi di pagare di più: è ora che rispettiamo anche noi i contratti degli affitti, meticolosamente, pagando la cifra prevista, né più né meno.
Finché non li sfideremo su quel fronte, colpendoli nel loro punto debole, quello dei soldi, non solo loro ma anche l’opinione pubblica e la cittadinanza, si accorgeranno che noi esistiamo solo se il corteo passa davanti ai loro portoni o se ne parlano i mezzi di informazione. Ma se blocchiamo l’economia, non si potrà trascurarci.
Se siamo gli indisponibili perchè siamo disposti a pagare la stragrande maggioranza degli affitti in nero? Il boicottaggio è il vero strumento con cui possiamo tenere in scacco, bloccare, letteralmente paralizzare l’economia della città, e pretendere che ci venga ridato ciò che ci è stato tolto. Senza boicottaggio, il corteo è una sfilata informe. Con il boicottaggio, il corteo farà di nuovo paura.
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purtroppo il mondaccio, quello negativo dei soldi e degli interessi squallidi, sta facendo ingresso nelle vostre menti ancora poco contaminate
Di certo è utile porsi il problema delle forme di protesta più adatte a veicolare i messaggi in questione.In teoria sul boicottaggio ci siamo, ma è un dato di fatto che tutte le ultime azioni che andavano in questo senso sono fallite (Mondadori, Mediaset). Forse il boicottaggio è utile anche se fallisce, ma solo se crea attorno alla protesta un gruppo che condivide idee comuni sul che fare.
Se il boicottaggio fallisce fallisce, fine della storia.
E con Mondadori e Mediaset era diverso, qua non si vuole colpire una azienda singola o un marchio, si vuole sovvertire una procedura sistematica che è quella di chiedere agli studenti di pagare il doppio del prezzo di un affitto. E allora mi viene da chiedermi: ma come cazzo ci stiamo? Perchè stanno tutti a pagare senza battere ciglio?
Con Mondadori o Mediaset tu per fare il boicottagigo rinunci a una trasmissione o a un prodotto a cui magari sei affezionato (lo so, è un motivo stupido ma è per quello che i boicottaggi falliscono anche quando molte persone lo condividono nei principi). Invece qui tu non rinuncia a niente, non hai niente da perdere. Ci sarebbe anzi tutto di guadagnato. Cosa rischiamo? Perchè non ci ribelliamo?
Intendiamoci: non sono contrario al boicottaggio. Dico solo che proprio per fare in modo che vada a buon fine, occorre pensare al dopo. Forme di protesta specifiche, ad personam, ad argumentum et cetera, ne abbiamo viste quante ne vuoi nel corso di questi anni miserabili. Occorre capire che la causa degli studenti non deve essere solo la causa degli studenti universitari, ma anche quella dei precari, degli migranti clandestini. Manca la dimensione totale della protesta, capire che dietro ogni sopruso ci sta sempre lo stesso sistema di potere.
Ricordiamoci che il primo motto del potere è “divide et impera”.