Demistificazione di un’immagine

Da qualche tempo, a chi si trova a passare dalla stazione di Bologna può capitare di imbattersi in una suggestiva gigantografia pubblicitaria. Si tratta di una fotografia che ritrae una fila di agenti di sicurezza schierati in primo piano su uno sfondo che lascia intendere un contesto di tensione e di emergenza; sull’asfalto, distesi per terra in quello che pare essere un tenero abbraccio, due giovani si baciano, lui chino sul corpo di lei. In alto campeggia la scritta a caratteri cubitali: “Pull Love”. In basso, la frase a effetto, banale ma partorita dalla mente di un geniale consulente pubblicitario: “Love wins”.

lovewins

Se qualcuno, come chi scrive, non fosse esperto di moda made in Italy e di tendenze dell’abbigliamento italiano, probabilmente dovrebbe informarsi su un marchio di cui fino a qualche giorno fa ignorava l’esistenza. Pull Love è un’azienda italiana. Su una pagina del sito si apprende che Pull Love è una catena di abbigliamento nata nel 2009, con sede legale a Roma, e che il gruppo industriale cui appartiene è uno dei principali fornitori di Coin-Oviesse, Gruppo Bennet, Carolina Herrera. Come si può constatare recandosi ad uno dei punti di vendita distribuiti tra territorio nazionale ed estero o più semplicemente visitando il sito ufficiale, Pull Love fa ampio e disinvolto utilizzo di suddetta fotografia, ritagliandola, girandola, zoomandone dettagli, modificandola con l’aggiunta del proprio marchio o di frasi promozionali e slogan pubblicitari senza peraltro mai citare la fonte. Anzi, in fondo al sito compare la dicitura “Pull-Love All Rights Reserved” lasciando intendere che, ove non espressamente specificato, il materiale è sottoposto alle leggi vigenti sul diritto d’autore, e dunque i diritti sarebbero accampati anche sulla fotografia in questione.

Comunque, a prescindere da supposte irregolarità giuridiche, è doveroso notare e far notare un fatto: l’uso a scopo commerciale di questa immagine si basa su un falso storico, e sulla base di tale falsa interpretazione l’azienda Pull love attribuisce alla fotografia in questione una funzione di comodo, quella di veicolare un messaggio quasi evangelico di vittoria dell’amore che suona bene data l’assonanza con il nome dell’azienda.

Facciamo un passo indietro. Per conoscere la fonte, serve un minimo di memoria visiva: l’immagine infatti ebbe grande diffusione nel 2011, grazie alla pubblicazione sui giornali di tutto il mondo. Lo scatto originale è del fotografo Richard Lam e risale agli scontri verificatisi tra polizia e gruppi di tifoseria il 15 giugno 2011 a Vancouver in occasione della coppa di hockey Stanley Cup.

Lo scatto originale (Richard Lam, 2011)

Con quello scatto, cogliendo l’attimo in cui al violento caos circostante sembrava contrapporsi il bacio sereno di una giovane coppia, Richard Lam ebbe la fortuna di produrre quella che sarebbe poi divenuta l’icona della giornata, pubblicata su tutti i giornali. Qualcuno sospettò addirittura che fosse tutto una messa in scena, ma lo stesso Richard Lam si mostrò stupito della suggestività ottenuta e dichiarò di non aver avuto idea, al momento dello scatto, di cosa stesse effettivamente ritraendo. In effetti fu soltanto in seguito che i due giovani, Scott Jones e Alex Thomas, si riconobbero nei protagonisti del “bacio di Vancouver”.

L’immagine del bacio divenne in poche ore simbolo dell’amore che si contrappone alla violenza. Tuttavia, a soli due giorni dalla glorificazione del bacio come simbolo di pace e amore, fu chiarito che non si trattava di un bacio.

Come spiegava The Guardian già il 17 giugno 2011, «la vera forza dietro a quell’immagine non è il romanticismo, ma una carica della polizia anti-sommossa che ha spinto Scott Jones e la sua ragazza, Alex Thomas, per terra». Un testimone raccontava l’episodio così: «è successo che la linea di polizia si è precipitata sulla folla e questa coppia, cercando di stare insieme, non poteva reagire in tempo ed è stata investita da due agenti. […] Lei soffriva visibilmente, piangeva, ma i due agenti hanno strattonato la coppia per separarli e hanno proseguito. Dei passanti sono accorsi per assicurarsi che la ragazza stesse bene. Capisco che la polizia debba poter controllare la folla ma è ridicolo che non ci fossero altri ufficiali o paramedici per soccorrere eventuali feriti». La drammatica scena descritta dai testimoni è abbastanza chiaramente rappresentata da uno scatto dello stesso fotografo, successivo al primo di pochi secondi, in cui Scott ha tutta l’aria di essere più preoccupato che appassionato, nonché da un video pubblicato tempo dopo, in cui la violenza della scena è evidente.

Il secondo scatto (Richard Lam, 2011)

«How’s that for making love, not war» si chiedeva con disappunto un esterrefatto Brett Jones, padre di Scott: come sarebbe? L’immagine di mio figlio spinto a terra dalla polizia sarebbe un esempio di amore e non di guerra?

Nonostante ciò, la falsa interpretazione dell’immagine era ormai sdoganata: sulle riviste di gossip, sui social network, sulla stampa più o meno seria, ovunque nel mondo il “bacio di Vancouver” era stato associato all’amore appassionato e avulso dalla violenza caotica dei disordini. Ed a ciò continuò ad essere puntualmente associato, dalle stesse riviste e dalla stessa stampa che avevano smentito quella particolare lettura dell’immagine. Del resto, a quanto pare è un genere che tira: come biasimarli? Quale modo migliore di neutralizzare l’analisi dei momenti conflittuali e della violenza sociale se non mettendo in fila banali stereotipi e semplificazioni e affogandola in una serie di immagini suggestive ed esteticamente appaganti?

In Italia, dopo aver pubblicato prontamente la smentita, tre anni dopo, La Repubblica il 16 aprile 2014 pubblica ancora una raccolta di immagini intitolata Baci e abbracci fra cronaca e storia (link) in cui ricompare il “bacio di Vancouver” con la didascalia «due ragazzi si baciano durante la guerriglia a Vancouver, 2011». E se lo fa un giornale dopo aver smentito, figuriamoci gli altri utenti della rete. Ormai l’immagine servirà a confermare il significato che le si è voluto dare, anziché essere il significato costruito sulla realtà dei fatti rappresentati dall’immagine.

Manifesto pubblicitario di Pull Love

Così, arriviamo al 2016 e all’annuncio pubblicitario alla stazione di Bologna. Lo scatto di Richard Lam a Vancouver, per meno di due giorni ha rappresentato un bacio, per più di quattro anni no. Ma nell’uso sociale che se ne fa, è rimasto un bacio. Addirittura, Pull love ha riscritto l’identità dei personaggi, aggiungendo la scritta “Made in Italy”, nonostante la coppia sia composta da un australiano e una canadese e la foto sia stata scattata a Vancouver. Made in Italy?

E soprattutto, perché “L’amore vince”? L’immagine di una coppia travolta da una carica e spinta per terra dalla polizia sarebbe un esempio di amore? A quanto pare, secondo Pull love, sì. Seppur dopo anni di smentite, verifiche e ricostruzioni.

Sarà chiaro adesso perché l’operazione intrapresa dai pubblicitari che hanno sfruttato a scopo commerciale la fotografia di Richard Lam sia un caso di mistificazione delle immagini. Malauguratamente, si tratta di un processo frequente ed estremamente diffuso, che riguarda non solo immagini ma anche dati, fatti, documenti di ogni tipo, travisati o ricontestualizzati in una versione di comodo al servizio di interessi particolari. Basti pensare all’«abuso pubblico della storia», concetto ben discusso da Aldo Giannuli in un omonimo saggio, o all’uso negazionista o revisionista che gruppi di utenti fanno di innumerevoli pagine wikipedia, come smascherato dal collettivo Nicoletta Bourbaki, o alla diffusione da parte della stampa di un video dell’ormai nota notte di Colonia poi risultato risalente alla repressione delle rivolte egiziane di Piazza Tahrir nel 2012, o ancora ai lampanti falsi storici delle immagini di guerra usate strumentalmente per raccontare la cosiddetta “giornata del ricordo”, come analizzato da Piero Purini su Giap.

A proposito, se ve lo steste chiedendo: no, la data di pubblicazione di questo articolo non è casuale.