Sull’egemonia culturale

Ecco quella che potrebbe essere la domanda di inizio di un saggio, anche interessante, ma che invece voglio destinare ad un’altra funzione: quella del dibattito e della riflessione. Sono sempre più convinto (e sempre più socialista..) che il marxismo sia un’ottimo strumento di analisi sociopolitica e sociologica in genere, ovviamente soprattutto nell’ambito economico, e non tanto per i suoi fini, la cui discutibilità e condivisione sono soggette all’arbitrio dei singoli e il cui valore è dunque soggettivo, quanto per il suo metodo, che è piuttosto oggettivo e sa indagare al cuore dei problemi in questione. La domanda è dunque:

Cosa rende lo storico scienziato (“cosa rende il marxista” direbbe Gramsci) così persuaso della correttezzza della teoria gramsciana dell’egemonia culturale, così propenso ad accettare l’idea secondo cui il sistema valoriale della classe produttiva non è che un’imposizione camuffata, un’elaborazione pianificata e saggiamente studiata dalla classe dirigente per il mantenimento dello status quo, cioè del proprio potere?