C’è forse meno poesia?
Gli esseri viventi non sono una sfida alla seconda legge della termodinamica. Nei loro tessuti essi amministrano una diminuzione locale di entropia solamente a spese di un aumento di entropia molto maggiore negli alimenti. Considerate insieme esseri viventi e alimenti e avrete un aumento dell’entropia.
Si può sollevare comunque una seconda obiezione, più sottile. Nel corso della evoluzione, forme di vita semplici sono evolute in forme più complesse. Questa non è una diminuzione complessiva di entropia?
Potrebbe esserlo, se le forme di vita semplici fossero realmente scomparse con la sostituzione di forme complesse e se nelle successive ere geologiche sulla terra fosse esistito solamente un insieme progressivamente più complesso di forme viventi.
Invece rimangono forme di vita semplici, e il numero complessivo di forme di vita complesse è inferiore ad esse. Voi potete considerare l’insieme dei viventi proprio come costituito da una gerarchia di forme di vita semplici, più complesse, ancora più complesse, più complesse ancora, e così via: e ogni tappa procedendo verso l’alto è rappresentata da una massa totale sempre più piccola di tessuti viventi.
C’è anche un’altra versione dell’ottovolente dell’energia. Parlando in generale, gli esseri viventi di grandi dimensioni e complessità vivono cibandosi di esseri più piccoli, che si cibano di altri più piccoli, e così via. I pescicani, per esempio, mangiano grossi pesci, i quali mangiano pesci piccoli, i quali mangiano pesciolini, i quali mangiano larve, le quali mangiano microrganismi unicellulari.
Ma i cibi di cui si nutre un essere vivente vengono trasformati in suoi tessuti solamente grazie all’ottovolante dell’energia, e in questo modo solamente una piccola parte dell’energia libera degli alimenti viene immagazzinata nei tessuti dell’animale che si ciba, e il resto va sciupato.
Si considera una scomoda legge dettata dall’esperienza, che occorrano cinque chili di alimenti per costruire mezzo chilo di tessuti, mentre gli altri quattro chili e mezzo di alimenti svaniscono in forma di calore e scorie.
Deve dunque esserci un bilancio passivo. Ad ogni mezzo chilo di pescecane vivo debbono sempre corrispondere cinque chili di pesce di grossa taglia vivo, e a questo cinquanta chili di pesce piccolo, a questi cinquanta altri, cinquecento di pesciolini, a questi cinquecento, cinquemila chili di larve, a questi cinquemila, cinquantamila chili di microrganismi unicellulari.
Questo, se volete, è un ottovolante dell’energia. Quella meravigliosa macchina che è il pescecane vivo, si mantiene in vita a spese della demolizione di una massa di microrganismi elementari che è centomila volte il suo peso. L’aumento di complessità è quindi più che pareggiato da questa colossale demolizione, e si deve considerare che complessivamente vi è un aumento dell’entropia.
[…] Ma si può sollevare un’obiezione ancora pià sottile. Le trasformazioni indotte dalla civiltà umana comportano una massiccia diminuzione dell’entropia, con la trasformazione dei minerali in metalli grezzi e quindi in meccanismi complessi; del legno in carta e poi in libri; delle sostanze chimiche in composti amorfi e poi in materiali forniti di una struttura. Ci si rende subito conto che questo lo si ottiene a spese di un aumento ben più grande di entropia legato al lavoro muscolare, alla combustione di carbone, di petrolio e così via.
Questo è vero per quanto riguarda il lavoro fisico, ma per il lavoro intellettuale? Qual è la diminuzione di entropia legata alla trasformazione di macchie disordinate di colore in un quadro suggestivo, alla trasformazione di suoni caotici in una splendida sinfonia, alla trasformazione di parole disposte a caso in una grande opera letteraria, alla trasformazione di pensieri senz’ordine in una nuova sensazionale concezione?
I fisici qui si ritirano.
Isaac Asimov, La fotosintesi
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