Il divieto di un costume

Agosto. I raggi del sole picchiano sulla folla e spaccano le pietre. Sotto gli ombrelloni, genitori parzialmente denudati chiamano i bambini per accordar loro panini e frutta, come premio per l’incessante impegno nei giochi in acqua e nei castelli di sabbia. Qualcuno prova a leggere un libro, sdraiato in posizione innaturale su un telo dai colori vivaci, ma si gira e si rigira senza riuscire ad accomodarsi sulle irregolarità della sabbia. Qualcuno lo legge davvero, piegato sulle pagine e seduto su una seggiola, alcuni vestiti di tutto punto altri praticamente nudi senza curarsi troppo degli sguardi indiscreti. Un vecchio tutto curvo ha l’aria di essere sceso in spiaggia solo per fare un piacere a qualcuno di esigente e premuroso, e porta con scomodità e leggero imbarazzo un cappellino con la visiera, pantaloncini corti e una camicia consunta e irrigidita dall’aria salata. Una signora si protegge dalla radiazione di mezzogiorno cospargendosi abbondantemente di crema solare su tutto il corpo. Molte donne hanno il seno scoperto, a garanzia di un’abbronzatura uniforme, per fastidio nei confronti di quell’odioso tessuto sintetico di cui sono fatti i reggiseni, per stenderlo e asciugarlo dopo aver fatto il bagno, per altri motivi che di certo esistono ma nessuno si sente ancora in dovere d’indagare. Una ragazza, scesa in spiaggia per abbronzarsi senza compagnia, è intenta ad allacciarsi da sola il pezzo di sopra del costume, con le braccia alzate e le mani dietri la nuca in quel gesto che si fa quando si indossa una collana.

Nessuno li aveva visti, ma nel quadretto marittimo stridono con prepotenza tre poliziotti, subito riconoscibili dalla divisa scura con pantaloni lunghi e spessi, una maglia a mezze maniche e cinture, fondina, stivali in cuoio che i bagnanti notano chiedendosi come si fa a lavorare con questo caldo. I tre si avvicinano alla ragazza che si allaccia il costume.

«Buongiorno» si fa avanti il primo poliziotto con tono affabile ma l’aria di chi potrebbe smettere di esserlo da un momento all’altro «lei è appena arrivata, sì?»

La ragazza, sospendendo l’operazione con le braccia a mezz’aria e lasciando il costume troppo allentato per i suoi gusti, inarca per un istante le sopracciglia prima di rispondere con un timido sorriso.

«Sì, perché?»

«Quindi questo costume se lo sta togliendo, sì?»

La ragazza, le braccia ancora sollevate e col dubbio se completare il nodo o meno, decide infine di aver già passato troppo tempo in quella posizione scomoda e di rinviare. Cerca con lo sguardo un segno che le assicuri che la domanda le sia stata rivolta seriamente.

«Veramente no» risponde con imbarazzo.

«E allora le dovrò fare una multa» dice mentre il collega comincia a rovistare in una tasca della divisa.

«Come sarebbe? Per quale motivo?»

«Perché… abbigliamento non conforme ai valori morali» e poi, come per impegnare il tempo finché il collega non abbia staccato la multa dal libretto, domanda «Lei è credente?»

«Io…» risponde lei confusa «non capisco perché me lo chiede»

«Sa, coi credenti capita più spesso, ma vede… non è quello il problema. Coprire il corpo può offendere le convinzioni degli altri bagnanti»

«Ma io non ho offeso nessuno!» protesta la ragazza

«Guardi, io faccio il mio lavoro, non l’ho deciso io ma mi tocca farle una multa per abbigliamento poco rispettoso della laicità»

«Non ho offeso nessuno» si ostina la ragazza, mentre un capannello di curiosi prende forma intorno alla sua stuoietta da mare.

«Allora, glielo spiego meglio» interviene il terzo poliziotto in soccorso della poco efficace ripetitività del primo collega. «Siamo nel 2016, signorina. Il Sessantotto, che a lei piaccia o meno, ce l’abbiamo avuto come abbiamo avuto la liberazione dei costumi. Non c’è nulla di male a scoprire il seno, si guardi intorno, lo vede quanta gente c’è che lo fa? Non c’è niente di male, siamo d’accordo che è una parte del corpo come un’altra, mi segue?»

«Non ho nulla in contrario, io» sbotta la ragazza «vogliono stare in topless? E io che c’entro?»

«Sei una bigotta, ecco cosa sei!» comincia a urlare uno dei curiosi, mentre la folla converge e spinge sempre più stretta.

«Non sono una bigotta» risponde lei, sempre più sulla difensiva «non mi interessa cosa fanno le altre, perché dovrei scoprirmi? Solo perché ci sono altre che lo fanno?»

«Vede» continua il poliziotto paziente esegeta della rivoluzione sessuale «è una questione di laicità. Glielo chiedo io, lei è credente?»

«Sì, ma che c’entra questo? Io non voglio scoprire il seno»

«Allora lo vede anche lei che è un problema di laicità? Lei è credente, lei non vuole scoprire il seno. Ma cosa vuole che sia? Lo sa quante donne hanno lottato per questa libertà? E lei la rifiuta così?»

«Ingrata! Bigotta! Arretrata!» inveisce la folla, che ormai non avanza ancora solo perché trattenuta dagli sforzi degli agenti.

«Andiamo» continua affabile il poliziotto, ignorando le urla dietro di sé, poi sospira prima di aggiungere: «si scopra»

«No» la ragazza è sull’orlo del pianto, umiliata davanti a tutta quella gente. Cosa vogliono?

«Stiamo parlando di libertà, capisce? Noi adesso rappresentiamo lo Stato, e lo Stato non può chiudere un occhio di fronte alla negazione della libertà delle donne come lei»

«Che libertà?» nella ragazza è ormai inibito per la vergogna anche l’uso della parola, ridotto al minimo indispensabile.

«Quella di scoprire il corpo, ovvio. Il suo senso del pudore è un’imposizione, coprire il corpo della donna è un segno di oppressione e sottomissione, lei capisce che noi questo non possiamo tollerarlo.»

«Decido io» sibila la ragazza, con un filo di voce.

«Vede, gliel’ho già detto. Lei crede di scegliere, ma non è così. Lei è condizionata, altrimenti capirebbe benissimo che non c’è nulla di male nel mostrare un seno, una natica…» e così dicendo, il poliziotto fa cenno agli altri due di slacciare quel nodo che la ragazza aveva lasciato allentato all’inizio della discussione. La folla applaude, alcuni esultano per l’emancipazione e la rinnovata libertà delle donne.

«Ha visto?» fa il primo poliziotto «Ora sì che ha deciso lei». E, soddisfatto, sospira stanco.