Il pelo nell’uovo

Come dice Nello, «Diamond è come il maiale, di lui non si butta niente».
Nonostante questa caratteristica, che deriva dalla scientificità e dalla quantità di informazioni fornite dalla lettura dei suoi libri, mi è capitato di trovare tra le righe affermazioni poco scientifiche e più ideologiche, che ho ricondotto (per esempio nella prima parte di questo articolo) all’adesione “conformista” a frame di interpretazione e di comunicazione (ovvero del linguaggio): per esempio quando, senza motivarlo adeguatamente, ritiene il capitalismo un passo avanti nello sviluppo delle società umane. Questo non toglie valore ai contenuti di saggi come Armi, acciaio e malattie (1997) e Collasso (2004), ma dovrebbe mettere in guardia chiunque dal comprensibile e frequente fenomeno per cui si condividono le parole del Maestro acriticamente: l’ipse dixit è stato uno dei memi culturali che più hanno ostacolato lo sviluppo del pensiero scientifico nella storia.

Vorrei riportare, tanto per la cronaca, un’altra posizione dettata dalla velleitaria ricerca dell’imparzialità che si rivela però solo apparente, in quanto ideologica: nel capitolo XIII sull’Australia, Diamond parla degli effetti deleteri dello sfruttamento agricolo di un territorio ecologicamente fragile come il continente in questione, che comprendono in particolare la salinizzazione, un esempio di degrado ambientale la cui gravità, anche in caso di recupero, può permanere per diversi secoli, e la deforestazione, che in Australia interessa soprattutto le specie vegetali autoctone.
Secondo Diamond,

c’è da dire che il paese possiede un buon livello d’istruzione, un benessere elevato e istituzioni politiche ed economiche sane, relativamente agli standard mondiali. Per questo, i problemi australiani non possono essere spiegati come il frutto di cattiva gestione ambientale, di una società incolta e disperatamente povera, e di un establishment corrotto e incapace, come potrebbe forse dirsi in altri casi.

Tuttavia, andando avanti nella lettura, si approfondisce la questione della deforestazione ed emerge che

l’incessante abbattimento delle foreste antiche sta causando un acceso dibattito. I due maggiori partiti politici australiani, a livello sia statale sia federale, appoggiano il disboscamento. Nel 1995 il National Party ha annunciato il suo sostegno all’industria del legno in Tasmania, e poco dopo si è venuto a sapere che i tre maggiori donatori di fondi al partito erano tre società del settore.

Considerando che questo è solo un esempio dei tanti che è possibile fare e che sono documentati in innumerevoli siti internet, saggi (questo compreso) e organi di informazione, direi che sì, i problemi ambientali dei paesi con «un buon livello d’istruzione e benessere elevato» in tantissimi casi sono determinati proprio da una cattiva gestione e da un establishment corrotto, che mette i beni comuni a disposizione degli interessi di pochi e che permette il controllo delle “istituzioni democratiche” da parte di gruppi di potere. Questa non è meno corruzione di quella del Ruanda o di Haiti.
P.S. Sì, sono polemico e cerco il pelo nell’uovo. Buona lettura!