Esperimento letterario [2]
Tra-tra-tac. …«le forze dell’ordine in assetto anti-sommossa hanno dato inizio allo sgombero dei locali. Le forze dell’ordine hanno bloccato la via all’altezza del bar, deviato il traffico e fatto irruzione nei locali occupati. Ventiquattro persone sono state denunciate per occupazione di proprietà privata». Tra-tra-tac. Che cazzo è questo rumore? Il ventilatore? È difettoso, accidenti. Non è possibile studiare con questo caldo: uno si distrae facilmente e si trova a leggere i giornali del giorno prima, tra l’altro rovinandosi gli occhi con la luce del monitor. «Molti abitanti del quartiere sostengono che il laboratorio con i suoi eventi rendesse vivo il quartiere. “Non creavano alcun fastidio, non facevano casino e non si ubriacavano ma anzi animavano un po’ il quartiere dopo una certa ora”». Tra-tra-tac. «Alcuni ritengono addirittura illogico lo sgombero dei locali: “Mi sembra che non meritassero un trattamento del genere”». Tra-tra-tac. Studia. Studia. Non leggere i giornali. Non essere curioso. Studia, al massimo interrompi per vedere se magari riesci ad aggiustare quel cazzo di ventilatore. «“Era doveroso ed obbligatorio sgomberarlo” sostiene un abitante della zona». Doveroso per chi? Che domande, per chi ha il dovere di sgomberare! Tra-tra-tac. Basta, vado a dormire. L’unica cosa che serve leggere è il libro che ho davanti. Se non ci riesco, tanto vale andare a dormire. E domani aggiusto quel cazzo di ventilatore.
«Dopo lo sgombero dell’edificio, situato nel centro storico, stamane una cinquantina di giovani attivisti ha organizzato un sit-in di protesta davanti al municipio. La tensione è salita quando sono giunti sul luogo gli uomini delle forze dell’ordine, in quanto la manifestazione non era stata autorizzata. Gli agenti, in assetto anti-sommossa, hanno proceduto a una carica di alleggerimento per mantenere l’ordine e si è verificato qualche tafferuglio. Alla fine, dopo circa mezz’ora, si contano due agenti feriti». È ora di andare a mensa. Non dimenticare la tessera. Ma come potrei dimenticarla? È sempre sullo stesso angolo del tavolo, e prima di uscire faccio sempre lo stesso gesto: sollevare il braccio sopra la superficie del tavolo, abbassarlo finché le dita della mano toccano la tessera, ritrarre il braccio all’indietro facendo scorrere la tessera sul tavolo. Il pollice opponibile penserà al resto.
Ci vogliono dieci minuti per arrivare a mensa a piedi. Meglio impiegarne cinque. Camminare spediti, per recuperare il tempo perso ieri sera a leggere i giornali. Che l’esame è vicino. Se c’è qualcuno di conosciuto lungo il percorso, salutare con un cenno senza fermarsi. Non posso permettermi di perdere altri minuti. Non c’è molta gente per strada oggi, forse perché è sabato e a pranzo si è già a casa. I negozi però sono aperti, le vetrine colorate, anche se probabilmente stanno per chiudere, che i commercianti dovranno mangiare pure loro. Ecco la mensa. Accelerare il passo. È come se stessi scappando.
Vassoio blu. Forchetta, coltello, bicchiere. Scelta del pasto. Ringraziare e prendere posto.
–Come va?– un faccione sorridente mi si para davanti, con l’evidente intenzione di sedersi al posto di fronte al mio.
–Bene, vuoi stare qui?
–Certo. Allora, che mi racconti?– e che cosa posso raccontare? La mia vita è interessante? Ieri sono stato tutta la sera su un libro che il caldo mi impediva di leggere. Ho fatto altro per la maggior parte del tempo, ho letto notizie casuali dagli aggregatori automatici che si trovano su internet. Cercare una risposta che non consenta di parlare dello studio e impedisca l’innesco di una serie di frasi di circostanza. Tentar non nuoce:
–Ho letto che ci sono stati dei tafferugli nella tua città.
Sguardo interrogativo.
–Dove l’hai letto?
–Sul giornale, stamattina.
–Non ne sapevo niente. Come mai?
–Hanno sgomberato quel posto occupato, nel centro storico.
Frena, frena. Parola proibita, occupato. Ormai è troppo tardi.
–Occupato da chi?
–A quanto ho capito, un gruppo di ragazzi l’aveva rimesso a nuovo. Ci facevano feste e altre attività. Non ho trovato molto, ho letto per caso qualcosa ieri sera, mentre studiavo, immagina la mia attenzione.
Studiare, altro passo falso. Probabilmente la discussione è terminata, si sta per tornare alla normalità, con scambio di battute che assecondi la routine.
–Ah, ti capisco. Ieri faceva proprio caldo: non si riusciva a studiare!
Tutto secondo copione, per il resto del pranzo. Salutare, uscire da mensa, accelerare il passo. Come se stessi scappando, ma dalla parte giusta?
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bello, mi era sfuggito…