Il PD non è di sinistra
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Le precedenti considerazioni sul Partito Democratico mi sono valse accuse di non «fare un’analisi culturale» della questione. In realtà, quando questa critica mi veniva posta, tale analisi era già in fase di stesura. Ve la propongo di seguito (chiedo scusa se è scarna e poco sviluppata, ma la stanchezza di una sessione d’esami ricade anche su queste cose).
Nel contesto di mediaticizzazione e personalizzazione che ha pervaso la politica italiana negli ultimi vent’anni, con la nascita e l’affermazione di partiti prevalentemente subordinati a una personalità importante e onnipresente che funge da marchio e da amplificatore, si deve riconoscere al Partito Democratico il merito di non aver assecondato questa tendenza.
In realtà, circa dieci anni fa cominciarono a comparire saggi di intellettuali che vedevano una mancanza in questo pregio, e ad essere presi in considerazione i consigli che invitavano la tradizionale sinistra alla ricerca di un leader da contrapporre alle altre forze elettorali più in fase con la tendenza.
La mancanza di una figura unificante è sintomo dell’altra strada intrapresa dal Partito Democratico di fronte al bivio: quella del pluralismo. Esponenti del defunto PCI banchettavano così insieme ai superstiti della DC; accoglievano fuoriusciti da un gran numero di note sigle della cosiddetta Prima Repubblica, come PSI, PLI, PRI.
Questo trasformismo ha interessato anche per altri partiti, ma con un’altra valenza: in Forza Italia molti migrarono ammaliati dallo scintillio del successo televisivo e della possibilità di tramutare l’immagine in soldi; nelle forze che confluirono nel PD, invece, esisteva ancora un contenuto politico, nel senso che molti si riconoscevano sinceramente nei suoi principî e aderivano in conseguenza ad una scelta ritenuta coerente politicamente. Detto in altre parole: mentre in questa accozzaglia la coesione era data dalla concretezza dei soldi o delle immagini, in quest’altra esisteva ancora un filo conduttore astratto.
Se è vero che non sarebbero mai esistiti partiti come Forza Italia senza Berlusconi o Italia dei Valori senza Di Pietro, solo per citare i due esempi del filone di maggiore successo elettorale (ma non dimenticando il grillismo), è altrettanto vero che il Partito Democratico non sarebbe esistito senza la “fine delle ideologie”. Il pluralismo è la convivenza di idee diverse e la collaborazione tra individui e gruppi differenti: è su questo concetto, a cui spesso ci si riferisce con “democrazia”, che il PD ha costruito, a cominciare dal nome, la sua non-identità.
Mentre gli altri partiti in risposta alla “fine delle ideologie” hanno rinunciato alle identità tradizionali e ne hanno acquistato di nuove sotto forma di leader più o meno carismatici, il PD, essendo il partito della “fine delle ideologie”, all’identità definita ha rinunciato tout court, adottando molte delle identità rimaste orfane, per poi di fatto perderle coscientemente sotto forma di pluralismo (detto in altre parole (qui), ci sono «interessi molteplici presenti nella cloaca piddina»).
È stato detto che molti si riconoscono nei principî del PD, ma questo sovente è possibile solo perché tali principî sono sfumati, vaghi e interpretabili, si sono allargati in modo da poter accogliere il maggior numero di consensi, un po’ come nel Movimento Cinque Stelle, anche se con una modalità e un retroscena ben diverso: mentre nel M5S non esistono paletti ideologici ma ci si appella al valore inopinabile della maggioranza, nel PD si accetta ogni proposta o posizione purché sia ritenuta “di buon senso”.
Ci si dimentica, in questo modo, che il “buon senso” non esiste: è una costruzione antropologica, un prodotto sociale, un’imposizione culturale che può essere anche violenta. Non, quindi, un criterio neutrale, ma con un indirizzo ben preciso: consolidare il tipo di sistema economico, sociale e culturale che ha prodotto il concetto stesso di “buon senso”. Se si pretende di applicarlo come base delle proprie scelte, si sta facendo assurgere a principio fondamentale qualcosa che è in realtà di profonda natura ideologica.
La conclusione è che il pluralismo del PD, proposto con l’intenzione velleitaria di superare gli steccati ideologici, si rivela uno strumento ideologico. Qualcuno non voleva che si “morisse democristiani”. Questi ci sono già nati.
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Sono d’accordo con ciò che scrivi, anche se il titolo mi sembra fuorviante, perché in effetti non ti concentri molto sulla spiegazione del perché il PD non è di sinistra (anche se basterebbe il post precedente in cui hai spiegato perché è di destra). Però ora sai cosa mi aspetto? Che tu scriva un articolo in cui ci dici cos’è per te la sinistra.
“…molti si riconoscono nei principî del PD, ma questo sovente è possibile solo perché tali principî sono sfumati, vaghi e interpretabili…”
questa condivisibile frase, mi riporta indietro di qualche decennio, e mi fa riflettere sul fatto che forse oggi esistono due neo-DC come allora esistevano i morotei e i dorotei, la sostanza è sempre la stessa, e la Loggia P2 lo aveva teorizzato e propugnato nel 1973…
Hai ragione, non lo spiego e credo che avrei preferito curare meglio questo aspetto, ma ormai stava per passare troppo tempo dal primo articolo e io stavo per perdere la spinta propulsiva del caso (sono fatto così, la mia scrittura è essenzialmente episodica e sporadica, mai sistematica e programmata). In effetti, il titolo è quello solo per continuità con il precedente.
Non so se accettare o meno la sfida di esporre in maniera sistematica cosa sia la sinistra per me: credo di essere più capace nel farlo di volta in volta, non mancando tuttavia di evidenziare (questo sì, sistematicamente) che esiste una struttura di pensiero organica sottostante.
Come è noto, preferisco che la definizione di qualcosa (o di qualcuno) si riveli con l’esperienza e attraverso un processo di analisi che non può essere statico… insomma, sono un ammiratore della maieutica.
Intanto, però, posso dirmi in linea di massima d’accordo con due definizioni, che ritengo sufficientemente potenti da poterle applicare con successo:
«In politics, left-wing describes an outlook or specific position that accepts or supports social equality, often in opposition to social hierarchy and social inequality. It usually involves a concern for those in society who are disadvantaged relative to others and an assumption that there are unjustified inequalities (which right-wing politics views as natural or traditional) that need to be reduced or abolished»
«Per la sinistra ogni società è costitutivamente divisa al proprio interno, perché ci sono interessi contrapposti e contraddizioni intrinseche. I conflitti principali avvengono lungo le linee di queste contraddizioni, che sono principalmente di classe e di genere, e derivano dai rapporti di proprietà (se ci sono i poveri è perché ci sono i ricchi), di produzione (gli sfruttatori non fanno gli interessi degli sfruttati), di “biopotere” (esistono dispositivi che favoriscono i maschi a scapito delle femmine). Da questa premessa generale, che vale per tutta la sinistra, derivano numerose visioni macrostrategiche: socialdemocratica, comunista, anarchica… Tutte si basano sulla convinzione che la società sia in partenza divisa e diseguale e le cause della diseguaglianza siano endogene»
@Nello
Vedo solo una DC ed è il PD. Mi sembra che nessun altro partito o movimento politico attualmente possa vantare questo prestigiosissimo ruolo!
Sì, mi ritrovo in quelle definizioni di sinistra, anche se molto vaghe. Certo, se si volesse scendere nello specifico, potremmo chiederci cos’è “per noi” la sinistra, ossia in quale tipo di sinistra ci riconosciamo (comunista? anarchica?). Però ho la sensazione che, chi si ritenga a sinistra di altri schieramenti, non sia facilmente disposto a concedere che quegli schieramenti siano di sinistra. I militanti del PD dicono di essere più o meno di sinistra (a limite centro-sinistra); noi che ci sentiamo più a sinistra del PD diciamo che il PD è di destra. Com’è questa cosa? A destra non c’è la “gara” a chi è più di destra. Forse che la sinistra tenda a mostrarsi sempre come la “vera” sinistra a discapito delle altre ritenute “false”?
è per questo che sarebbe importante stilare un elenco di definizioni, per eliminare la faziosità..
Per me chi non ha una posizione di tutela dei lavoratori ma delle banche, si allea con l’UDC, è genuflesso rispetto al Vaticano su importanti questioni come l’aborto, la ricerca sulle staminali, le adozioni, la politica di genere in senso lato, non è di sinistra.
Lascio ad altri le etichette e i simboli.
Aggiungo che le politiche di destra del PD mi deludono (ancora) più di quelle di altre formazioni politiche, proprio perchè da chi almeno a parole si professa di sinistra, mi attendo ben altro, e la delusione conseguente è maggiore, ma questo è generato da un mio errore (considerare il PD più di sinistra di altri partiti)
Cateno, così però mi costringi a dare una definizione, che non voglio dare! 🙂
A parte lo scherzo, trovo che le due descrizioni del concetto generale di “sinistra”, in particolare la seconda, non siano affatto vaghe: forniscono infatti criteri storicamente corretti e ideologicamente coerenti. Che poi non siano precise su singoli punti, che non siano cioè programmatiche, non deve stupire, perché il concetto di “sinistra” è generale, tant’è che ne esiste appunto una miriade di declinazioni che differiscono proprio sui singoli punti. Tutte però partono da un assunto comune, e questo assunto può essere preso come metro.
Sul problema della soggettività di questa definizione: le definizioni fornite sopra potrebbero tranquilamente essere usate anche da una persona di destra, quindi senza dover necessariamente riconoscervisi. Secondo me il problema è che siccome tu ti senti di sinistra, ti senti obbligato moralmente ad assumere una posizione rispetto ad una definizione; ma così si sta confondendo il riconoscersi nella sinistra con il riconoscersi in una sua definizione.
Comunque penso che a discuterne fra noi non si arrivi da nessuna parte. Il discorso potrebbe farsi interessante solo se intervenisse qualcuno convinto che il PD sia di sinistra e tentasse di dimostrarlo.
La gara a sinistra. Intendiamoci, io non uso le parole con leggerezza: se dico che il PD è di destra, non è per offendere (non ho mai capito come si possano usare posizioni politiche come insulti) o per dire che è “più a destra” di me, altrimenti lo farei anche con SEL. Anche RC (“lista Ingroia”) è più a destra di me, ma non mi sognerei mai di sostenere che si tratti di un partito di destra: sono compagni, compagni «che sbagliano» su alcuni punti, ma pur sempre di sinistra.
Nello, il PD non si professa di sinistra, neanche a parole. Forse una fetta della sua base, il che è probabilmente anche più grave… dal punto di vista clinico intendo, perché si tratta di schizofrenia: si professano di sinistra ma votano un partito che rifiuta di professarsi di sinistra (ma allora non li rappresenta) e sostengono apertamente un tecnico che è meno a sinistra del partito che rifiuta di professarsi di sinistra…
ottimo. esilarante la chiusa
Grazie Olympe, alla prossima!
Hai ragione. Infatti ancora attendo anche io le delucidazioni al post precedente del mio compaesano Salvo.
A un mese di distanza, il compaesano non si è fatto vivo. Che sia forse lui, a cercare di dimostrare l’indimostrabile?
Molto probabile! 😀
Io credo che un partito come il PD, sia il salvagente di tanta gente che sta affogando, però voglio anche dire che ci sono dei componenti, in questo PD, che non fanno valere la forza di un partito popolare, di un partito ancora in fase di sperimentazione. Con questo non voglio discriminare nessun componente, ma sopratutto che facciano valere la loro forza. NINO…….