Monti è marxista-leninista?
In un adorante articolo dai toni entusiastici, lo scorso 27 marzo il Wall Street Journal pubblicava un encomio a Mario Monti in cui lo si paragonava alla Thatcher, storica “Lady di ferro”, inesorabile riformatrice in senso liberista del mercato del lavoro inglese, che usò il pugno di ferro contro gli scioperi del settore minerario reprimendo con forza le proteste e i blocchi dei lavoratori nella battaglia di Orgreave, come lo usò contro le oceaniche manifestazioni di dissenso popolare che sfociarono nei Poll Tax Riots del 1990, ridimensionò il ruolo dei sindacati nella regolamentazione dei contratti e nella società in generale (società di cui del resto aveva lei stessa negato l’esistenza, con le parole «there is no such thing as society»), impose il cosiddetto pensiero unico riassumendolo formalmente in un altrettanto noto slogan: «there is no alternative».
Insomma, la figura di Monti, con questo paragone, veniva sovraccaricata di responsabilità e di aspettative, di cui però l’articolo sembrava già accettare la realizzazione, con un presidente che «rifugge la negoziazione» e «va avanti con o senso l’intesa dei sindacati», pur lasciando loro con generosità dei «regalini non ricambiati» (la possibilità di fare ricorso su un licenziamento), ma che soprattutto «ha la rara opportunità di educare gli italiani rispetto alle conseguenze di opporsi alle riforme».
Educare gli italiani, capito? Come scrivevo già due mesi fa commentando il linguaggio usato da La Repubblica nel raccontare la protesta degli operai dell’Alcoa, «da questa crisi usciremo seguendo le direttive dei banchieri, ricchi e intelligenti, non le richieste e i bisogni dei lavoratori, poveri e piuttosto ignoranti». Monti è espressione di un’avanguardia che deve spiegare al popolo ignorante cosa sia buono e giusto per l’interesse di tutti. Vi presento un Monti marxista-leninista.
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Eh, beh… Ogni volta che vedo il Mario vedo anche la faccia dei vari ministri, che hanno definito con svariati epiteti soprattutto i giovani, ma lo sdegno, in fondo, è stato blando. Il cambiamento non lo si avrà in positivo, i trend lo si vede benissimo. Che abbia veramente ragione, il Mario, sull’ignoranza delle masse? In parte credo di sì, in parte, quest’ignoranza, è però più un fatto di pigrizia, di disinteresse… Non c’è che dire: hanno lavorato e ci hanno tirato così, in maniera che la china sembri ancor più ripida da risalire più di quanto non sia.
Non so cosa vorrei dire, ma è tanto che non passo di qui che avevo voglia di continuare il tuo discorso. Maoista, direi…!
Poi, ieri, ho visto a Roma i manifesti della scuola di politica di Scilipoti (ma glie li lasciano pure affiggere!), con il “tao” verde e rosso… Che idiozia!