Gli studenti di Verdi15 visti da La Repubblica
L’ultima volta che abbiamo parlato de La Repubblica è stato in occasione delle proteste operaie a Roma contro la chiusura degli impianti sardi Alcoa, quando il quotidiano ha detto doppiamente il falso, prima parlando di «guerriglia» quando anche volendo questa sarebbe stata tecnicamente impossibile da attuarsi, in secondo luogo mettendo in relazione di causalità diretta la protesta e il decremento del PIL.
Oggi, lo stesso giornale si contraddistingue ancora una volta per il linguaggio falsificatore. Stamattina alle 10, a Torino, la polizia è intervenuta alla residenza studentesca “Verdi 15” per procedere allo sgombero dei locali. La residenza studentesca “Verdi 15” è stata occupata quasi un anno fa per garantire un tetto a diversi studenti fuorisede, molti dei quali rientravano nella graduatoria dell’EDISU (Ente per il diritto allo studio univesitario) per cui spettava loro di diritto l’assegnazione di un alloggio, ma le cui esigenze non potevano essere soddisfatte per carenza di strutture idonee funzionanti, in una situazione di pesanti tagli disposti dalla Regione (migliaia di studenti vincitori della borsa di studio non la ricevono, vedi dettagli). Come racconta uno studente nella testimonianza su Radio BlackOut (audio delle 15:00), la “Verdi 15” i funzionari dell’EDISU tacitamente accettavano l’occupazione, anzi a parole dirottavano proprio alla Residenza alcuni studenti in cerca di alloggio, mostrando che anche l’amministrazione sapeva che la “Verdi 15” «non era una casa delle vacanze, né una residenza estiva», ma, continua lo studente, «era diventata la nostra casa». In realtà, si stavano preparando allo sgombero dei locali illegalmente occupati.
Si tratta quindi di uno sfratto, e come in uno sfratto tutto è stato gestito: calpestando un diritto e trattando gli abitanti come criminali, la polizia è intervenuta “a tradimento”, svegliando persone che ancora dormivano ignare, chiedendo documenti a studenti e studentesse colpevoli di abitare una residenza con lo scopo di studiare, obbligandoli ad abbandonare le proprie camere spesso con oggetti personali all’interno.
Per tutto il giorno, a Torino si sono susseguite assemblee, manifestazioni e cortei contro lo sgombero, con la partecipazione anche di studenti non direttamente interessati: è stata una giornata di lotta in cui le forze dell’ordine non hanno esitato a caricare. Ci sono dunque stati degli scontri, a più riprese, tra studenti e polizia.
Meo Ponte, nella sezione locale di Torino del sito de La Repubblica, non ha trovato di meglio che parlare, udite udite, di «giovani dei centri sociali». Ricapitoliamo quindi cosa è successo secondo la logica dubbia di Ponte: la polizia sgombera una residenza studentesca, gli studenti sfrattati decidono di formare un corteo di protesta, a un certo punto arrivano –oh aiuto!– questi personaggi estranei «giovani dei centri sociali» e si scontrano con la polizia.
Evidentemente, per la mente perbenista, questurina e falsamente nonviolenta di Ponte, è inconcepibile, per un normale ragazzo o ragazza: non potersi permettersi un posto dove vivere, dormire e studiare; ribellarsi a uno sfratto quando l’occupazione è stata l’unico modo che la comunità studentesca abbia trovato per far fronte al peggioramento delle condizioni materiali e sopperire alle mancanze delle istituzioni per il diritto allo studio; resistere alle cariche delle forze dell’ordine dopo che le stesse forze dell’ordine hanno distrutto la momentanea e parziale soluzione a tale problema. No, un ragazzo normale ha abbastanza soldi, non si ribella, non resiste. Queste son cose che fanno i «giovani dei centri sociali», che ovviamente cercano lo scontro per lo scontro.
Insomma, per l’ennesima volta abbiamo di fronte persone affette da doppia personalità: prima la Camusso si lamenta perché i contestatori (operai Ilva) rubano la piazza ai lavoratori (operai Ilva), poi Formigoni si scaglia contro lo sciopero che mette in conflitto gli interessi di cittadini e lavoratori (perché ovviamente i lavoratori non sono cittadini e i cittadini non lavorano), ora Ponte vede studenti torinesi che alla vista della polizia si trasformano repentinamente assumendo le sembianze di giovani dei centri sociali.
I fedeli lettori de La Repubblica, dopo questa lunga critica al linguaggio fuorviante spesso utilizzato dall’amato giornale anche all’infuori di questo articolo particolare, potrebbero chiedere chi ci fosse, allora, se non i «giovani dei centri sociali», a scontrarsi con la polizia stamattina e oggi pomeriggio nelle strade di Torino.
C’erano gli studenti.
Short Link:
Ero tentato di chiudere con “C’erano gli studenti, teste di cazzo” ma mi sono trattenuto.
Dovresti trattenerti dal leggere certi “giornali”…
se questo articolo fosse uscito su Libero non ci avremmo fatto nemmeno caso…
@Nello
Non ci avrei fatto caso perché non l’avrei letto!
…e poi dicono che la TV “decontestualizza”…
Una volta la regola era di leggere almeno 2 quotidiani per capirne qualcosa…ma credo siano solo soldi buttati, visto che sono tutti sintonizzati sulle stesse frequenze di disinformazione.
In realtà leggere da diverse fonti è utile, per le informazioni non tanto sui contenuti quanto sulle forme di comunicazione che se ne possono dedurre. Ci sono alcune riflessioni che, personalmente, non avrei mai prodotto e condiviso, senza leggere e confrontare certe cartacce (che poi non sono cartacce ma schermatacce, visto che li leggo online): così non sono neanche soldi buttati, ma anzi tempo costruttivo con accezione distruttiva, nel senso che si costruisce la decostruzione.
Poi, qualche tempo fa un’amica mi chiedeva che giornali leggere per tenersi aggiornata e con un’informazione oggettiva, io le ho risposto che l’oggettività va costruita partendo dai soggetti: leggendo più quotidiani, attingendo da diversi giornali, seguendo molti organi di informazione, e accompagnando tutto questo a una generosissima dose di spirito critico. Perché mi sa che è questo che, ahimé, manca: chi, come questa amica, chiede un giornale “buono”, svela la nostra pigrizia (dico nostra in generale), perché si aspetta che qualcuno faccia al posto suo tutto il lavoro di confronto, analisi, rielaborazione critica necessario a rendere “buona” l’informazione.
teoricamente corretto, in pratica alcuni giornali sono illeggibili (alla faccia del pluralismo!)