Per Steve Maia Caniço
Oggi è il 22 giugno 2020. Esattamente un anno fa, nella notte tra il 21 e il 22 giugno 2019, moriva Steve Maia Caniço all’età di 24 anni, precipitato nel fiume per colpa della polizia.
Durante la Festa della Musica, che in Francia a partire dagli anni Ottanta si tiene ogni anno per salutare la stagione estiva con concerti che riempiono i parchi, i cortili, i locali, le strade e le piazze di tutte le città, a Nantes uno dei concerti si svolge lungo la Loira, con la partecipazione di centinaia di persone fno a tarda notte. Lo spirito della serata vuole che la gente esca di casa, si diverta, goda del clima, della musica e degli spazi urbani che la musica è in grado di trasformare ovunque in palchi improvvisati, e le persone presenti fanno esattamente questo, su un lungofiume abbastanza affollato che è diventato la pista di un DJ set.
A un certo momento arriva la polizia. Forse perché qualche vicino si è lamentato del volume della musica visto che sono passate le 4 di notte, forse perché la festa non era tra gli eventi ufficialmente dichiarati alle istituzioni comunali, forse perché le forze dell’ordine francesi sono ormai avvezze da mesi all’uso documentatissimo di una violenza incredibile su manifestanti inermi ogni sabato pomeriggio, forse perché la Francia è un paese che da quasi due anni sta scivolando neanche troppo velatamente verso un fascismo in salsa neoliberale in cui la polizia può intervenire con la forza bruta per impedire la distribuzione di qualche volantino in un paesino di tremila anime. Fatto sta che la polizia arriva in forze.
In quel momento, come riportano decine di testimonianze, durante il concerto, mentre la gente balla e senza che accada nulla di particolare (smentendo la ricostruzione dell’IGPN, l’organo di inchiesta interno alla polizia, secondo cui all’origine dell’intervento è un primo “lancio di pietre e bottiglie” diretti verso gli agenti impreparati), la polizia interviene direttamente con le maniere forti con l’obiettivo di porre fine alla festa. Lo fa caricando coi manganelli e armata di taser, aizzando i cani e colpendo nella folla con proiettili di gomma, sparando continuamente per oltre venti minuti granate stordenti anti-sommossa e gas lacrimogeni in direzione del fiume.
Il panico provocato conduce a un movimento scomposto di persone verso il fiume, in cui cadono almeno in quattordici, complice anche il temporaneo accecamento dovuto ai gas lacrimogeni. Tra queste persone, c’è Steve Maia Caniço, che dall’acqua non è mai più uscito.
Il giorno successivo, le persone vicine a Steve si rendono conto della sua spIl giorno successivo, Steve non si presenta a lavoro (è animatore scolastico) né risponde al telefono. Presto le persone vicine a Steve si rendono conto della sua sparizione, denunciano la scomparsa, parecchio inquietante dal momento che Steve non sa nuotare, e cominciano le ricerche. Allo stesso tempo, fin da subito non possono fare a meno di puntare il dito contro il comportamento irresponsabile e provocatorio della polizia, che risponde minimizzando e negando qualunque responsabilità. Per oltre un mese le ricerche proseguono, i muri della città di Nantes cominciano a tappezzarsi di scritte “Où est Steve?” (“Dov’è Steve?“), poi le scritte cominciano a comparire ovunque in Francia, la questione è ormai sulle cronache nazionali, oggetto anche di interrogazioni parlamentari, e di giorno in giorno i vertici della polizia si affannano a giustificare l’operato delle forze dell’ordine e motivare la legittimità dell’intervento, inventano versioni stravaganti dell’accaduto, smentite da tutte le testimonianze indipendenti, per coprire le proprie responsabilità, cercano di mettere i bastoni tra le ruote alle ricerche nella speranza che la scomoda verità non venga a galla. Nel centro cittadino, l’acqua delle fontane si dipinge di rosso sangue, le statue delle piazze (numerose perché Nantes è quell’estate città della cultura) portano tutte il lutto al braccio, reggono cartelli che chiedono di Steve.
Dopo un mese, di fronte all’insistenza di un movimento dal basso che chiede di conoscere la verità sulla scomparsa Steve, dopo la negazione assoluta si apre uno spiraglio e le autorità si trovano costrette ad assicurare che sarà lanciata un’inchiesta (comunque non da un tribunale come per un qualunque presunto omicidio, ma dal suddetto IGPN, un organo interno alla polizia in cui i poliziotti si proteggono tra di loro dandosi pacche sulle spalle).
Dopo qualche settimana, quando personale e mezzi destinati alla ricerca di Steve sono già stati sospesi dalle autorità, a scandagliare il fiume e le rive sono rimasti ormai solo i suoi cari e le decine di volontari e volontarie organizzatesi autonomamente, che continuano imperterriti fino al ritrovamento del corpo di Steve “in stato di estrema decomposizione”, il 28 luglio 2019, non lontano da dove era caduto la notte del 21 giugno.
Il primo riflesso del questore di Nantes è di vietare ogni assembramento e manifestazione. Nel frattempo, l’inchiesta interna dell’IGPN ricostruisce l’accaduto in modo alquanto singolare e discordante da tutte le testimonianze non legate alla polizia, e stabilisce che “non risulta alcun legame tra l’intervento della polizia e la scomparsa di Steve”, come se Steve si fosse buttato in acqua alle 4 di notte solo per caso durante le cariche. Queste affermazioni deliranti sono riprese da Edouard Philippe, Primo Ministro francese che al dolore della vicenda aggiunge lo sconcerto per la vigliaccheria istituzionale. Nel frattempo, il ministro dell’Interno Cristopher Castaner non batte ciglio: nonostante tale comportamento gli costi il disprezzo di una porzione sempre crescente della popolazione, ormai è abituato a negare tutta l’evidenza delle violenze in divisa che imperversano in Francia, ha decorato con medaglie e onori migliaia di ufficiali come ricompensa per la repressione senza precedenti del movimento dei “gilets jaunes” (è il caso, per esempio, di B. Félix, responsabile dell’uccisione di Zineb Redouane a Marsiglia, colpita da un lacrimogeno in pieno volto mentre stava chiudendo la finestra di casa durante una manifestazione a cui neanche partecipava; di D. Caffin, responsabile di un brutale pestaggio di manifestanti chiusi in un fast food senza vie di fuga; di R. Souchi, responsabile della carica di polizia che ha schiacciato e calpestato Geneviève Legay durante una manifestazione a Nizza) e lo stesso farà con l’ufficiale G. Chassaing, responsabile della carica che avrebbe portato alla scomparsa di Steve. Lo stesso presidente Emmanuel Macron stabilisce involontariamente un legame tra l’atteggiamento della polizia e la morte di Steve: “l’inchiesta deve essere condotta fino alla fine, ma non bisogna dimenticare il contesto di violenze in cui ha vissuto il nostro paese”. Macron si riferisce alle contestazioni esplose fin dalla sua elezione in un crescendo che ha portato al movimento dei gilet gialli e alla loro repressione senza precedenti dal maggio del Sessantotto: lo fa per spiegare il dispiegamento sproporzionato di forze dell’ordine per ripulire un lungofiume da una folla danzante, ma al tempo stesso, inquadrando la vicenda in un più ampio contesto di violenze, contestazione e repressione, smentisce involontariamente la versione ufficiale dell’IGPN e del Primo Ministro che tra l’intervento delle forze dell’ordine e la scomparsa di Steve nega qualsiasi legame.
L’estremo centro neoliberale fa in nome della stabilità letteralmente le stesse identiche cose che farebbe un qualunque estremista di destra, ma ancora ha più mezzi materiali e soprattutto ideologici per imporre la violenza del proprio modello sociale, un modello che non colpisce neanche più soltanto quelli che storicamente sono i bersagli della reazione ma pure praticamente qualunque forma di vita: chi balla, chi è contento per la partita, chi difende l’ecosistema planetario dall’aggressione industriale. Si dovrebbe cominciare a vedere che è proprio il vivente, anche al di là di ogni possibile presa di coscienza, a contrapporsi al sistema di potere globale. Per dirla con Bruno Latour: “Sotto i capitalisti, i lavoratori, e sotto i lavoratori, appaiono i viventi”.
Così è morto Steve, per aver ballato, per essere stato vivente.
Qualcuno potrebbe pensare che Steve è morto perché era nel posto sbagliato al momento sbagliato. Non è così: Steve era nel posto giusto, al lungofiume in festa con gli amici, al momento giusto, durante un concerto che inaugura l’estate. Ad essere fuori posto era la polizia, con la sua presenza non inutile ma dannosa e omicida, con la sua violenza non “sproporzionata” ma proprio ingiustificabile in tutto e per tutto, la cui natura mortifera e deleteria risulta sempre più evidente e con sempre maggiore lucidità da parte di movimenti ovunque nel mondo, dagli Stati Uniti a Hong Kong alla Francia.
Justice pour Steve significa Justice pour Adama, Justice pour Théo, Justice for George Floyd, Justice for Breonna Taylor, BlackLivesMatter, I Can’t Breathe…
P.S. Se qualcuno si stesse chiedendo com’è andata la Festa della Musica quest’anno, la risposta è riassunta in due video: il primo viene da Nantes, il secondo da Parigi. Tutto questo è diventato normale nella democratica Francia.
Fête de la musique en lacrymocratie
— Nantes Révoltée (@Nantes_Revoltee) June 22, 2020
La population nantaise remercie le préfet Claude d'Harcourt et la maire Johanna Rolland, qui ont réussi l'exploit de faire attaquer pour la deuxième année consécutive les fêtards par des policiers surarmées.
Des centaines de grenades tirées. pic.twitter.com/efWIievD6B
Rue de Lancry à Paris. La police sème la terreur, ça devient la fête de la matraque.#JusticePourSteve pic.twitter.com/xXxCblWB5A
— Cerveaux non disponibles (@CerveauxNon) June 21, 2020
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