Gli operai Alcoa visti da La Repubblica

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Con un po’ di ritardo, sfoglio le prime pagine de La Repubblica di oggi 11 settembre 2012.

La prima pagina stona con il linguaggio generalmente adottato dal giornale: «esplode la rabbia operaia». Ma il partito di Repubblica non era quello di chi sostiene che le lotte operaie siano ormai acqua passata, insomma una sorta di narcisismo velleitario mantenuto artificialmente in vita dai centri sociali e magari da qualche intellettualoide un po’ retrò? E infatti sì, sono retrò. Volti al passato. Antiprogressisti. Tanto che, come recita il catenaccio sottostante, contestualmente alla protesta degli operai Alcoa «il Pil cala del 2,6%». Se si va a leggere l’articolo sul crollo del Pil, a pag. 6, si scopre che il fatto che il Pil sia calato non è legato alla protesta da un rapporto stretto. O meglio, di certo un legame c’è, visto che il Pil è un indicatore della salute di un’economia capitalistica, ma il rapporto tra le due cose non è di causa-effetto, come sembrerebbe dalla prima pagina. Qual è il significato di questa scelta comunicativa? Consapevolmente o meno, il risultato ottenuto da questo “messaggio subliminale” è proprio l’associazione della «rabbia operaia» al calo del Pil, in un rapporto di causalità. Quindi “attenzione” dice La Repubblica “che a dar ragione a chi vuole un lavoro si torna alle candele e ai somari”. “Da questa crisi usciremo seguendo le direttive dei banchieri, ricchi e intelligenti, non le richieste e i bisogni dei lavoratori, poveri e piuttosto ignoranti”.

Alla seconda pagina il titolo racconta di «una giornata di guerriglia» a Roma. Cosa assolutamente falsa, come può confermare solo chi c’era o chi ha seguito la manifestazione in diretta, oltre che impossibile, a meno che non si creda possibile un’azione di guerriglia da parte di qualche centinaio di operai contro un dispiegamento di forze dell’ordine doppio in numero e infinitamente maggiore in organizzazione ed equipaggiamento.

Ma in fondo, da un giornale che chiama “lacrimogeni” i fumogeni da stadio, cosa potevamo aspettarci?