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  • Chiudere le scuole cattoliche

    Nessun mezzo di informazione ha dato peso all’amara verità venuta a galla negli ultimi giorni, nel corso delle indagini sugli attentati di Bruxelles, né si è aperto alcun dibattito politico sulla spinosa questione. Si tratta di una verità che in troppi preferiscono non vedere, arroccandosi sulle proprie posizioni ideologiche anche quando risultano tristemente smentite dai fatti, affrettandosi anzi a negare sempre, anche di fronte all’evidenza.

    Najim Laachraoui, il terrorista che si è fatto saltare in aria all’aeroporto di Bruxelles causando la morte di 11 persone, aveva studiato in una scuola superiore cattolica di Schaerbeek. Il fatto che la scuola in cui il futuro terrorista si è formato fosse cattolica sembra non interessare agli attenti analisti, ai commentatori politici, ai sostenitori del multiculturalismo nel nome di un frainteso rispetto per i “diritti umani” o di una sempre più rischiosa “libertà religiosa”.

    Alla fine è venuta fuori la verità, quella da cui in troppi distolgono lo sguardo preferendo voltarsi dall’altra parte: nel cuore dell’Europa, in quello che storicamente si è sempre configurato come il baluardo dei diritti fondamentali, della tolleranza e della libertà, esistono scuole che formano futuri terroristi. Questo dato è innegabile, anche da chi sostiene ingenuamente che si tratti di una coincidenza. Come si può pensare che una scuola cattolica non impartisca un certo tipo di disciplina? Coloro che sostengono si tratti di mera coincidenza, sono al corrente dell’insegnamento di queste scuole? Hanno prestato attenzione ai precetti di quella religione? Hanno letto costoro i contenuti delle loro Sacre Scritture, le parti in cui si parla di condizione della donna o quelle in cui si giustifica la guerra, il genocidio, lo stupro, la schiavitù e la pena di morte? Sulla base di questi principi, seppure in una loro versione più blanda, sobria e misurata, è condotta una sapiente opera di indottrinamento. Come si può, con un minimo di onestà intellettuale, pensare che non esista, almeno in una parte di quegli studenti, il rischio reale di una involuzione verso la radicalizzazione e di una degenerazione verso il fondamentalismo e l’estremismo?

    Un altro elemento preoccupante costituisce una verità che in troppi si ostinano ad ignorare o a negare contro l’evidenza: non si tratta di casi isolati. Forse che i cattolici moderati hanno preso le distanze da questo tipo di insegnamenti? Hanno rifiutato i contenuti più violenti ed estremi delle Sacre Scritture, hanno ripudiato i principi del fondamentalismo? Una scuola cattolica ha formato un pericoloso terrorista. Se è solo una coincidenza, se l’appartenenza (attuale o passata) alla comunità cattolica non c’entra, perché i cattolici non condannano il suo gesto efferato? Così facendo, dipanerebbero ogni possibile dubbio sulla loro buona fede, dimostrerebbero di non essere potenziali simpatizzanti di chi organizza gli attentati. Eppure non ci sono state decise prese di distanza, se non un timidissimo imbarazzo manifestato da una sottilissima fetta della comunità cattolica europea e mondiale. Perché non condannano? Chi si nasconde tra le loro fila? Potrebbe non nascondersi nessuno, ma allora perché non condannano, non isolano, non ripudiano?

    La società, nella sua interezza, deve prendere atto che esiste questo rischio: non sappiamo quanti Najim Laachraoui potrebbero ancora sfornare gli istituti e le scuole cattoliche che, è opportuno ricordarlo, sono disseminate ovunque non solo in Belgio ma nella maggioranza dei paesi europei (l’Italia in primis), con una organizzazione efficientissima e capillare che gode, preoccupantemente, di ingenti risorse economiche (e anche in questo, il nostro paese gode addirittura del primato).

    Non nascondiamoci dietro un dito, bisogna avere il coraggio di dirlo: la religione cattolica è una religione strutturalmente violenta. Bisogna avere il coraggio di alzare la voce contro il buonismo di chi difende a spada tratta il multiculturalismo con il rischio di giustificare le sue degenerazioni estremiste e fondamentaliste. Non possiamo permetterci altri attentati, non possiamo aspettare che emergano altri Najim Laachraoui: è arrivato il momento di riconoscere la conclamata pericolosità di certe “organizzazioni religiose” e di ammettere che è necessario imporre delle limitazioni.

    Chiudere le scuole cattoliche subito!

  • La tristemente diffusa opinione sugli insegnanti come lavoratori privilegiati

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    «Più sfruttamento, meno lamento»: può essere considerato sia un’incitazione, come si vedrà, sia un’amara descrizione della realtà.
    Due giorni fa, Gianni Riotta ha avuto la brillante idea di chiedere pubblicamente: «I professori dicono di non poter lavorare un’ora in più al giorno. Secondo voi hanno ragione o torto?». Lasciando da parte, nonostante la grave distorsione della sostanza dei fatti, la parzialità e l’incompletezza della domanda posta (giacché non dice che queste ore di lavoro sarebbero prestate senza un corrispettivo aumento della retribuzione, né che i professori protestano per tale gratuità e non strettamente per il carico di lavoro, né che si sta riferendo ai docenti di scuole elementari, medie e superiori e non quelli universitari), che possiamo giustificare tirando per i capelli la necessità di sintesi, visto che ci troviamo su Twitter dove il massimo è 140 caratteri, trascurando, dicevo, questa pecca nella formulazione della domanda, c’è anche un altro elemento molto importante: Gianni Riotta chiede di parlare di un argomento serio a una platea (circa 80 mila persone ricevono automaticamente i suoi messaggi e chiunque in rete può leggerli) che difficilmente sa essere seria. Si tratta di una platea particolare, che si sente obbligata a commentare e dire la propria, anche quando a voce non saprebbe cosa dire (c’è chi l’ha chiamata psicologia della stronzata), ed ecco che risponde pappagallescamente con luoghi comuni e con disgustose opinioni ottenute acriticamente per sentito dire.

    Riporto di seguito alcune delle risposte ottenute dal “popolo della rete”, quello che secondo la Repubblica, il Corriere della Sera e Beppe Grillo (to’ che strana accoppiata) è informato, attivo, consapevole, critico, non dimentica e fa esplodere la rabbia sul web e dilagare il tam tam su internet.


     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

    La cosa più triste è che molte di queste persone si dichiarano “di sinistra”, o almeno, così pare da ciò che pubblicano e condividono sui loro profili, dagli argomenti cui si interessano, dai canali con cui sono in contatto. Questo dovrebbe bastare a mostrare come lo spirito critico abbia abbandonato tutte le teste, tanto a destra quanto nella cosiddetta sinistra, al tempo del pensiero unico.

    Da tutti questi commentori, di cui quelli mostrati sono una piccolissima porzione, ne emerge uno specifico che mi ha colpito particolarmente e da cui deriva un’altra amarissima conclusione.
    Il personaggio risponde alla domanda di Riotta:

     

     

     

     

     

    Di fronte a cotanta superficialità, io non posso che rispondergli di informarsi meglio prima di sputare sentenze, perché il suo commento si basa su due assunzioni: la prima è che si stia parlando di una protesta per l’aumento delle ore, cosa non esattamente vera, la seconda richiama l’opinione diffusa che i professori siano una categoria lavorativa privilegiata, che lavora pochissimo e con stipendi d’oro.
    Ecco cosa risponde quando faccio notare l’erroneità delle prima assunzione:

     

     

     

     

     

    Ed ecco come reagisce invece al secondo appunto, quando osservo perentorio che «evidentemente il luogo comune degli insegnanti che non fanno nulla durante l’anno e un cazzo durante le vacanze ha fatto proseliti»:

     

     

     

     

     

    Bene, a questo punto uno si dice: tutte queste persone stanno parlando di cose che non conoscono, riferiscono per sentito dire, si mettono in coda tra le fila di quella buona parte della società che bistratta gli insegnanti non riconoscendone l’importantissimo ruolo sociale; che li considera dei fannulloni, senza sapere che le 18 ore che saranno aumentate a 24 settimanali sono solo nominali, che in queste ore non sono comprese né pagate quelle a casa per correggere i compiti e preparare la lezione, né i consigli di classe, i collegi dei docenti, gli scrutini, i ricevimenti, le ore di servizio volontario per coprire supplenze e buche, le ore di disponibilità durante mensa e intervallo; che si tratta dei lavoratori laureati che guadagnano meno, che avanzano solo per anzianità e restano comunque pagati poco fino a fine carriera; che le 18 o 24 ore di cattedra non sono affatto leggere ma si svolgono in classi pollaio affollate oltre i limiti consentiti dalle norme di sicurezza e in edifici il più delle volte fatiscenti e pericolosi, non costruiti secondo le norme antisismiche e di sicurezza generale; che altro che «devono stare seduti ad insegnare e basta», qua si tratta di formare persone, non macchine tutte uguali, perché l’educazione, tanto meno è diversificata, tanto più è indottrinamento.

     

     

     

     

     

    Uno, dicevo, quando legge certi commenti pensa tra sé queste cose: stanno parlando così perché non sanno cosa significa lavorare in quelle condizioni, in situazioni di sfruttamento in cui praticamente la maggior parte del lavoro non viene retribuito e in cui, di conseguenza, un’ulteriore aggiunta di 6 ore settimanali gratuite non è che l’ennesima vessazione ed elemento di sfruttamento. Invece no. Ad un altro commentatore che gli rimproverava di «parlare senza sapere un cazzo», il nostro risponde:

     

     

     

     

     

    Quindi lo sa. Lo sa! È sfruttato e chiede di essere ancora più sfruttato, condannando le lamentele e le proteste contro lo sfruttamento. Chissà in giro quanti ce n’è come lui.

     

     

     

     

     

    E così si chiude una triste finestra sul panorama del “popolo della rete”.