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  • Espulsioni a 5 stelle

    Il 13 gennaio, 24.932 iscritti al M5S (ovvero un terzo del totale) si sono espressi sul reato di clandestinità, la cui abrogazione sarà votata domani in Senato dagli eletti. In 15.839 hanno votato per la sua abrogazione, 9.093 per il mantenimento. Ovvero, il 63,53% contro il 36,47%. In realtà, contata l’astensione, il 19,71% contro l’11,31%.

    Auspicabilmente, i parlamentari del M5S voteranno secondo l’esito di questa votazione, e se quelli del Partito Democratico voteranno davvero, nonostante ci sia poco da fidarsi visti i loro trascorsi, come dicono di votare, il reato di clandestinità in Italia sarà abolito. Niente salti di gioia da parte del mondo antirazzista, ovviamente giacché molta è la strada ancora da percorrere per il pieno rispetto dei diritti, per una società integrata multiculturale e solidale, per l’abbattimento dei pregiudizi e delle discriminazioni. Niente salti di gioia, ma molta soddisfazione nell’area dei movimenti sociali. Attenzione però a non lasciarsi prendere dall’entusiasmo, dimenticando di cosa, di chi e con chi stiamo parlando.

    A quelli che dicono «dopo questo voto le cose finalmente cambiano», «la base è migliore di Beppe Grillo» e dopo lo scetticismo degli ultimi mesi o anni cominciano a pensare al M5S come un possibile strumento parlamentare nella lotta contro la xenofobia o vedono possibili aperture da parte del M5S perché questo si affianchi al movimento contro il razzismo e per i diritti dei migranti, andrebbero tuttavia ricordate un paio di cose.

    La votazione telematica è stata introdotta da una presentazione, scritta dai due senatori Andrea Cioffi e Maurizio Buccarella, che indirettamente ripercorre la vicenda verificatasi a ottobre quando i due furono rimproverati da Grillo e Casaleggio per aver proposto su iniziativa personale un emendamento che avrebbe depenalizzato il reato di clandestinità introdotto con l’entrata in vigore del regime Bossi-Fini. La votazione è stata anche preceduta da un messaggio inviato privatamente a tutti gli iscritti al M5S aventi diritto, poi reso pubblico e diffuso. Questi due documenti espongono il punto di vista dei senatori incriminati e ora democraticamente impegnati a far valere la propria posizione in materia di immigrazione. In particolare, ecco cosa dicono:

    «I promotori di quell’emendamento lo proposero […] al fine di sgravare da procedimenti penali inutili un sistema ingolfato e nell’ottica di una riduzione dei costi (efficienza, efficacia, economicità). Nessuna visione ideologica, ma un approccio pragmatico e di buon senso. L’eventuale abrogazione del reato, infatti, non intacca l‘impianto generale della Bossi-Fini in materia di espulsioni, richieste di asilo, flussi di entrata».

    «Con l’approvazione si avrebbero soltanto risultati positivi in termini di risparmio di denaro pubblico e snellimento dei tempi della giustizia rimanendo intatte tulle le altre disposizioni e norme relative alla procedura d’espulsione. Depenalizzare significa quindi mantenere il procedimento amministrativo di espulsione per sanzionare coloro che violano le norme sull’ingresso e il soggiorno nello Stato».

    Da questi due testi, si evince che:
    -la depenalizzazione del reato di clandestinità non è proposta in un’ottica di rispetto dei diritti, ma secondo criteri di convenienza economica e logistica;
    -il mantenimento dell’impianto generale della Bossi-Fini è non ideologico e di buon senso;
    -la depenalizzazione del reato di clandestinità non è finalizzata ad intaccare l’impianto generale della Bossi-Fini in materia di espulsioni.

    Dovrebbe essere chiaro dunque che, se lo spirito manifestato da questi due membri è condiviso dal resto degli eletti (ma il dibattito nato in seno al gruppo parlamentare a ottobre farebbe pensare addirittura che la linea proposta sia troppo progressista rispetto alle attuali norme sull’immigrazione), almeno a livello parlamentare, gli orizzonti entro cui si muove il M5S restano le espulsioni.

    Questo mostra come si possa coerentemente essere a favore dell’abrogazione del reato di clandestinità e allo spirito repressivo e disumano dell’attuale legislazione in materia. Mostra anche come, parlando il burocratese, si sia riusciti a far passare come grande prova di democrazia il fatto che domani in Senato non verrà votato ciò che piace a Grillo e Casaleggio, ma ciò che ha deciso la base, mentre la realtà dei fatti è che il bivertice del M5S ha trovato il modo di prendere due piccioni con una fava: non intaccare lo spirito attuale della Bossi-Fini potendo allo stesso tempo dire «dimostriamo finalmente che non siamo io e Grillo a comandare», scavalcando apparentemente a sinistra il PD per riprendere terreno elettorale perso in quell’area. Infine, mostra per l’ennesima volta cosa sia il “buon senso non ideologico” a cui la retorica pentastellata fa continuamente riferimento.

    «L’eventuale abrogazione del reato, infatti, non intacca l‘impianto generale della Bossi-Fini in materia di espulsioni» è stato sapientemente rassicurato a chi stava per votare, quasi a tranquillizzarlo sullo stato di salute della Bossi-Fini. Ovviamente, nessuno può sapere con che spirito quel 19,71% ha votato a favore dell’abrogazione del reato di clandestinità, se l’abbia fatto in un’ottica antirazzista, di integrazione, di rispetto dei diritti o piuttosto in una prospettiva che in generale mantiene lo stato di cose presente e tratta le persone come merci, parlando di efficienza e costi invece che di diritti. Certo è che almeno qualcuno avrà votato a favore dell’abrogazione proprio perché prontamente rassicurato.

    Ah, un ultima cosa: il M5S non permette agli immigrati ancora privi di cittadinanza di iscriversi (quindi neanche di candidarsi).

  • Mi paga il PD

    Negli ultimi tempi si è parlato molto di Grillo. A dirla tutta, in pochi hanno parlato: molti hanno urlato, altrettanti ne hanno chiacchierato per cambiare i soliti argomenti come la meteorologia, il calcio e la farfalla di Belen o semplicemente per ingannare il tempo. Pochi rompicoglioni hanno provato a intavolare analisi lucide e ragionate sul personaggio e sul fenomeno, partorendo discorsi più o meno fruttuosi e interessanti. Anche su questo blog se n’è discusso.

    Ma non è questo l’argomento che sta per essere affrontato, anche perché, e qui lo dichiaro apertamente, per un intervallo di tempo di durata indefinita ma lunga la questione non sarà ripresa, almeno non direttamente. I motivi sono molteplici e vanno dalla nausea al rischio di alimentare una troppo facile caduta, a sinistra, dall’antiberlusconismo all’antigrillismo. Prima di inaugurare il temporaneo silenzio stampa, però, la mia coscienza mi impone di sciogliere le mie remore e fare chiarezza su un punto particolare.

    Nel corso delle mie lunghe vicissitudini, infatti, un interrogativo mi si presentava con insistenza, ogniqualvolta il mio interlocutore fosse uno di quei cittadini  cui ormai comunemente si è soliti riferirsi con l’appellativo di “grillini”. La domanda, il più delle volte retorica, era riconducibile alla seguente: «ma ti paga il PD?». Ebbene, amici e amiche, lettrici e lettori, so di essere in procinto di deludere molti di voi, ma non posso più convivere col mio segreto, non posso più tenervi all’oscuro della verità che è arrivato il momento di rivelarvi una volta per tutte: sì, mi paga proprio il PD.

    Mi ha pagato il tesoriere in persona, Antonio Misiani, accreditandomi di volta in volta una certa somma (un esempio di finanziamento dai partiti ai semplici cittadini come me, quindi qualcosa che dovrebbe ergersi a esempio per tutti i grillini).

    Il pezzo sul marchio, per esempio, mi è valso 64,34 € più un bonus di 11,98 € per non aver ricordato ai lettori quanto il PD faccia pena come progetto politico; gli interventi su Giap mi hanno fruttato la bellezza di 172,50 € per la visibilità ottenuta; i commenti su Facebook di meno, perché non visibili a tutti; tutte le argomentazioni da me espresse sono valse un gettone aggiuntivo di 25,00 € se contenenti almeno un riferimento al fascismo. Per non parlare  di quelle volte in cui l’evidenza a favore delle mie specifiche ragioni lasciava interdetto il grillino di turno tanto da togliergli la parola o fargli preferire la fuga dal dibattito, seppur esposto per questo al pubblico ludibrio: quelle volte mi sono fatto 35,00 € a botta, spesso senza neanche troppa fatica. L’analisi O noi o i nazisti è costata alle casse del PD la cifra di 399,99 € in tutto, di cui 129,99€ soltanto per il finale della terza parte, in cui si fa notare la mancanza di reale democrazia interna e si osa addirittura fare analogie con il fascismo.

    Sono somme piuttosto esigue, irrisorie se volete, roba da poco, lo so. E io sono un pezzente, penserete voi. Sticazzi. È roba da poco ma comunque più di quanto basta per arredarsi una stanza con mobili Ikea nuovi, lasciando forse qualcosa di resto per l’ultimo album di Guccini, e l’idea di una stanza nuova mi solleticava da un po’, così come mi piaceva il Maestro.

    Insomma, volevo dirvi questa cosa e ve l’ho detta. Com’è risaputo, la rete è piena di pennivendoli e rompicoglioni al soldo del PD, che vanno in giro a disseminare fastidiosi dubbi: io sono uno di questi. Pardon, sono stato, visto che quando si saprà che ho svelato il complotto difficilmente il tesoriere mi riaffiderà un incarico. Scusami Antonio, ci eravamo tanto amati.

    (A proposito di complotti, se il M5S paga bene, sarei interessato a disseminare in giro anche quelli.)

     

    P.S. Potreste starvi chiedendo quanto mi è stato corrisposto per la pubblicazione della recensione di Marcia su Roma e dintorni di Emilio Lussu, che ha avuto un inaspettato successo, ma la risposta è che non mi è stato corrisposto nulla. E poi quel pezzo non è su Grillo, quante volte ve lo devo dire.