Il vuoto feticcio della legalità
da Milano in Movimento, qui l’articolo originale.
Ormai la legalità è diventato un vuoto feticcio neanche fosse il dogma della santissima trinità.
Devastano la Val di Susa? L’importante è protestare nei limiti della legalità (ovvero non fare nulla).
Chiudono le fabbriche tipo la Innse di Lambrate? La protesta deve essere ordinata e civile (meno male che le tute blu della Innse sono della “vecchia scuola” ed hanno fatto a modo loro salvando i posti di lavoro…che se si stavano ad ascoltare altri la fabbrica sarebbe chiusa da anni…).
Non hai più soldi per pagare l’affitto e ti sfrattano? Devi sorridere all’ufficiale giudiziario che ti butta in strada e guai a far qualcosa per impedirlo.
Lavori in banca con contratto precario e non te lo rinnovano mentre la stessa banca che ti licenzia distribuisce miliardi di dividendi tra gli azionisti soliti noti della finanza italiana? Cercati un altro lavoro che se ti ribelli sei anti-democratico ed ideologico (come direbbe Renzi).
Ti metti il casco in corteo per non farti aprire la testa dal celerino di turno? Non ci siamo, è illegale! Meglio farsi massacrare come alla Diaz che tanto poi gli autori rimangono impuniti…
E l’elenco potrebbe andare avanti all’infinito.
Il dogma della legalità che ci è stato propinato negli ultimi anni altro non serve che a spuntare le uniche armi di lotta che i deboli hanno nelle loro mani.
Ormai non si vedono più le ragioni delle lotte e delle proteste.
L’unico, nauseante ritornello è quello della legalità.
Ma del resto, come dice l’antico proverbio, quando il dito indica la Luna, l’imbecille guarda il dito.
Se i nostri bisnonni, i nostri nonni ed i nostri genitori avessero seguito le massime tanto di moda oggi non godremmo di una quantità di diritti incredibile.
Per citarne alcuni: non avremmo il diritto di sciopero (ed infatti ce lo stanno togliendo), niente ferie e malattie pagate, niente sanità ed istruzione pubblica, niente edilizia pubblica, nessun diritto di abortire, centrali nucleari ancora aperte, latifondo vivo e vegeto… dobbiamo andare avanti?
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Che facciamo Monsieur? Andiamo a tirar per la giacchetta tutti quelli che non sono venuti ai presidi, agli scioperi, alle manifestazioni in piazza, benché fossero proprio per loro? Io ci andrei! Sono un po’ incazzato anche io, sai? E lo sono perché se ci stanno togliendo i diritti che i nostri nonni hanno guadagnato, spesso col sangue, è anche colpa del fatto che tanta gente si è ridotta all’indifferenza, alla cecità, persino verso i propri problemi.
Caro robybulgaro, la tua frustrazione è più che giustificata, anzi più che legittima (per rimanere in tema). Anche io sono incazzato, ma non tanto con quelli che non sono venuti a presidi, scioperi, momenti di protesta o anche semplicemente di partecipazione o di aggregazione, quando con quei meccanismi sociali che permettono che ciò accada. Come scrivevo qualche tempo fa in una discussione sulla peer pressure che porta al disinteresse, «io un ventenne che non distingue la destra dalla sinistra o una trentenne che è precaria ma non sa di esserlo non li tratto male, li compatisco e cerco di capire quali sono i meccanismi sociali e culturali che ci hanno portato a qusto punto, per sovvertirli in qualche modo».
È vero che spesso si è ciechi addiritura verso i propri problemi, ma io penso che ciò non possa non derivare dal fatto che siamo stati abituati gradualmente a non considerarli come tali, a non riconoscerli come problemi.